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Pensioni flessibili, per Damiano (Pd) serve abolire soglia dei 63 anni

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Sulle pensioni flessibili, l'ex ministro Cesare Damiano ha proposto di abolire alcuni vincoli della riforma Fornero, tra cui la soglia dei 63 anni.

Dopo le preoccupazioni sollevate dai sindacati sul tema delle pensioni flessibili, dal Pd giunge una proposta riguardo il futuro dei giovani lavoratori. L’ex ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale Cesare Damiano ha infatti ipotizzato la modifica di alcuni vincoli previsti dalla riforma Fornero. In particolare, Damiano ha proposto l’abolizione dell’assegno pensionistico a 2,8 volte la minima che attualmente consente di andare in pensione a 63 anni.

Pensioni flessibili, la proposta di Damiano

In una dichiarazione riportata sulla sua pagina Facebook, Cesare Damiano chiarisce la sua idea riguardo la salvaguardia delle pensioni dei giovani, affermando: “La mia proposta è, intanto, quella di abolire il vincolo di una pensione corrispondente a 2,8 volte il minimo (circa 1.400 euro lordi mensili) per poter andare in pensione a partire dai 63 anni, come prevede la legge Fornero. Limite che scende a 1,5 volte quando si va in pensione all’età di vecchiaia prevista in quel momento (oggi è di 67 anni, ma crescerà)”.

Secondo Damiano i vincoli previsti dalla riforma Fornero non tengono conto delle dinamiche presenti oggi nel mondo del lavoro. Dinamiche che interessano soprattutto le giovani generazioni: “È evidente che, soprattutto i giovani, che hanno carriere discontinue, bassi salari e bassi contributi, difficilmente raggiungono l’obiettivo ‘monetario’ fissato dalla legge. Un obiettivo assurdo, dato che nel nuovo sistema contributivo si dovrebbe incassare, a partire dai 63 anni, la pensione corrispondente ai contributi maturati. Se troppo bassa, andrebbe portata fino a una soglia minima, incrociandola, ad esempio, con la nuova normativa della pensione di cittadinanza”.

Riconoscere la formazione ai fini contributivi

Nel finale del suo intervento, Damiano spiega inoltre come sia necessario riconoscere l’attuale diffusione della discontinuità lavorativa nelle carriere del giovani: “Ribadisco: le soglie di 2,8 volte e 1,5, vanno abolite. I periodi di inattività e di formazione vanno riconosciuti ai fini contributivi. In attesa di riconsiderare politicamente e culturalmente la centralità dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato e a tempo pieno, dopo le ubriacature della flessibilità, delle liberalizzazioni e del risparmio, al massimo ribasso, sul costo del lavoro”.