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Energia nucleare, la Bielorussia verso la prima centrale

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Il mondo sembra oggi destinato ad abbandonare la strada del nucleare, o almeno così si dice. Dopo l’incidente di Chernobyl, nel 1986, alcuni stati, fra cui l’Italia, scelsero di non tentare neppure la carta dell’energia nucleare. Dopo il disastro di Fukushima, nel 2011, molti altri stanno dec...

Il mondo sembra oggi destinato ad abbandonare la strada del nucleare, o almeno così si dice. Dopo l’incidente di Chernobyl, nel 1986, alcuni stati, fra cui l’Italia, scelsero di non tentare neppure la carta dell’energia nucleare. Dopo il disastro di Fukushima, nel 2011, molti altri stanno decidendo di passare a soluzioni diverse.

I reattori ancora in funzione in Europa

Il riassunto della situazione sembra questo, ma poi, a voler ben guardare, la realtà sembra molto diversa. In Europa, al momento, fra Francia, Gran Bretagna e Germania sono ancora attivi quasi cento reattori, dei quali la metà in Francia. Altri quindici reattori sono attivi in Ucraina, mentre ce ne sono più di trenta in Russia. La Bielorussia, rimasta finora senza energia nucleare, sta per concludere la costruzione della sua prima centrale, a Ostrovets. L’obiettivo di Minsk è quello di ridurre la dipendenza energetica del paese, visto che al momento il fabbisogno nazionale è coperto da riserve estere per quasi il 90%.

Il nucleare che diventa museo

La prima centrale nucleare al mondo aprì nel giugno del 1954. I reattori si trovavano a Obnisnk, in quella che al tempo si chiamava Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Quell’impianto, oggi, non esiste più. Ha chiuso nel 2002 e, da allora, è stato trasformato in un’attrazione turistica, un vero e proprio museo aperto alla popolazione. Un museo, però, quasi per definizione racconta qualcosa del passato. Quello di Obnisnk, in realtà, racconta soprattutto della schizofrenia di un presente in cui si è capito con chiarezza che gli incidenti nelle centrali nucleari non sono evitabili, che quando accadono sono disastri di dimensioni inaccettabili, ma in cui c’è comunque qualcuno che sceglie la strada dell’energia nucleare, ben sapendo che le contaminazioni radioattive se ne infischiano dei confini nazionali.