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USA, giudice rilascia 110 iracheni in attesa di rimpatrio

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Negli Stati Uniti un giudice ha ordinato l'immediato rilascio di 110 cittadini iracheni detenuti in attesa di essere reimpatriati.

Un giudice federale di Detroit, Stati Uniti, ha ordinato il rilascio immediato di centodieci iracheni detenuti in attesa di rimpatrio. Una decisione accolta come una vittoria dalle associazioni che si battono per i diritti dei migranti.

Nella sentenza resa, il giudice Mark Goldsmith afferma che “La legge è chiara”. Secondo il magistrato, infatti “Il governo non può trattenere a tempo indeterminato un cittadino straniero in attesa di rimpatriarlo. Soprattutto quando non c’è una reale possibilità che questo avvenga in un tempo ragionevole”. Un principio, secondo il suo parere, che “Deriva direttamente da uno dei più importanti valori costituzionali, ossia il rifiuto di arbitrarie limitazioni alle libertà individuali”.

Il governo ha quindi ora tempo fino al 20 dicembre per rilasciare i 110 immigrati di nazionalità irachena detenuti. Persone perlopiù di religione cristiana, incarcerate dal mese di giugno 2017 in seguito ad una serie di operazioni che aveva visto gli agenti federali del U.S Immigration and Customs Enforcement (ICE) dare loro la caccia e porre in custodia numerosi iracheni residenti da tempo sul territorio nazionale e accusati di vari reati. Tra di loro, qualcuno è accusato di reati minori. Come per esempio possesso di piccole dosi di marijuana, decenni fa. Qualcun’altro è invece accusato di reati più gravi, anche di omicidio.

L’incarcerazione illegittima

Il governo federale era riuscito ad ottenere dai giudici l’approvazione delle ordinanze di custodia affermando l’esistenza di un accordo con le autorità irachene che prevedeva il rimpatrio verso la terra natale di 1400 cittadini iracheni sottoposti a procedimenti legali negli States. Secondo il governo, persone che rappresentavo una minaccia per la sicurezza statunitense. Un accordo che si è però scoperto non essere mai entrato in vigore, a causa delle resistenze avanzate da Baghdad in materia.

Dei 1400 interessati dal procedimento di espulsione, le autorità avevano posto sotto custodia circa 300 persone, con una serie di raid che avevano duramente colpito le comunità irachene del Michigan. Comunità che nel corso delle elezioni presidenziali avevano sostenuto il presidente Trump, nella convinzione che il magnate di New York avrebbe sostenuto la causa degli iracheni cristiani. Che si è invece rivelato particolarmente duro con i migranti. E molti di loro si sono trovati a dover affrontare un decreto di espulsione verso l’Iraq, un paese nel quale, in quanto cristiani, rappresentano una minoranza a forte rischio. E dove sarebbero quasi sicuramente soggetti a persecuzioni.

Rilasciati, ma con una posizione sospesa

Dei 300 inizialmente detenuti, grazie ad un ordine dello stesso Goldsmith, circa la metà è stata liberata nel corso del gennaio 2018, mentre per 110 di loro le porte della prigione sono rimaste chiuse. Con la nuova sentenza emanata, tutte queste persone dovranno ora essere rilasciate entro il 20 dicembre. In tempo cioè per poter festeggiare il natale con la propria famiglia. Per queste persone però il rischio di espulsione rimane. Perché la decisione del giudice riguarda solamente l’illegittimità della loro incarcerazione, e non può garantire loro la possibilità di continuare a vivere nel paese in cui molti di loro risiedono ormai da decenni.