> > Coronavirus, la Protezione civile dà i numeri. Molto sottostimati

Coronavirus, la Protezione civile dà i numeri. Molto sottostimati

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Si moltiplicano gli esperti pronti a scommettere che i casi positivi e i decessi siano stati molto sottostimati. E dunque?

Ore 18, l’adrenalina sale. Tutti in diretta a pendere dalle labbra del capo del dipartimento della Protezione civile Angelo Borrelli, e da quelle dell’assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera, che in contemporanea sciorinano i dati quotidiani dell’epidemia da coronavirus. Dati rilanciati dalle breaking news e dai titoli di giornali web e cartacei il giorno dopo. Tutti a sperare che la famigerata “curva” si appiattisca, non si imbizzarrisca, possibilmente scenda. Ma c’è un problemino. Quei

numeri sono «enormemente sottostimati» per quanto riguarda il numero dei malati, e «discretamente sottostimati» per il numero dei deceduti. A dirlo è la Federazione regionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri della Lombardia, che si riferisce in particolare ai dati lombardi – ma secondo diverse fonti un discorso analogo si può fare per i dati nazionali. Al primo punto di 7 che riassumono «l’assenza di strategie relative alla gestione del territorio» in Lombardia, i medici lombardi hanno messo «La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’esecuzione di tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I dati sono sempre stati presentati come “numero degli infetti” e come “numero dei deceduti” e la mortalità calcolata è quella relativa ai pazienti ricoverati, mentre il mondo si chiede le ragioni dell’alta mortalità registrata in Italia, senza rendersi conto che si tratta solo dell’errata impostazione della raccolta dati, che sottostima enormemente il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti». Si spiegherebbe così il mistero dell’altissima letalità lombarda.

Per quanto riguarda il vero numero dei positivi, lo stesso capo del dipartimento della Protezione civile Angelo Borrelli ha affermato che è credibile siano dieci volte quelli ufficiali; ma secondo tre diversi studi, di cui due italiani, uno dei quali guidato dal professor Carlo La Vecchia, docente di Statistica epidemiologica dell’Università di Milano, un altro coordinato dal professor Giuseppe De Natale e quello dell’Imperial College di Londra, il numero dei contagiati è di 5 o 6 milioni. Altro che 120 o 130mila: 50 volte tanto.

Per quanto riguarda invece il numero di morti da coronavirus, già da settimane il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e soprattutto quelli della provincia martoriata dalla pandemia denunciano che il numero reale di vittime è molto più alto di quello ufficiale. Come ha affermato Vittorio Agnoletto, che con la trasmissione di Radio Popolare 37.2 è tra le poche voci lucide e puntuali in materia, gli unici dati che danno una dimensione corretta di quel che sta accadendo sono quelli che misurano il numero di morti totali nelle varie città e province, che vanno confrontati con quelli dello stesso periodo dell’anno scorso, e con quelli delle settimane scorse di questo stesso anno per vedere qual è la vera tendenza. Il comune di Milano ha reso noto che in tutto il mese di marzo i decessi sono stati 2155, contro i 1224 del 2019; una tendenza che ha accelerato in modo drammatico negli ultimi 10 giorni del mese, quando l’incremento dei morti è stato di circa il 230%. Molte delle quasi mille persone in più morte a marzo 2020 rispetto allo stesso mese del 2019 sono decedute nelle RSA e nelle case private: tutte non tamponate, quindi, e non incluse nel conteggio ufficiale delle vittime. Se poi una fonte dell’ospedale Sacco fa sapere a Radio Popolare che ormai molte vittime non vengono testate, questo indica che le cifre fornite non sono del tutto attendibili nemmeno per quanto riguarda le sole morti ospedaliere.

Una conferma del fatto che la mortalità del mese di marzo si è impennata, indicando un numero di vittime legate al coronavirus molto più alto di quello ufficiale, viene non da fonti complottiste del dark web, bensì dall’Istat, “L’andamento dei decessi del 2020.

Dati anticipatori sulla base del sistema Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente”. Nelle prime tre settimane di marzo, in oltre la metà dei comuni del nord presi in esame i decessi sono più che raddoppiati, mentre nei primi due mesi dell’anno erano stati inferiori al numero medio osservato nello stesso periodo nel 2015-2019. Un caso? Macché: “la situazione è particolarmente critica nei comuni della provincia di Bergamo. Il capoluogo vede quasi quadruplicare i decessi per il complesso delle cause delle prime tre settimane di marzo, passando da una media di 91 casi nel 2015-2019 a 398 nel 2020. Incrementi della stessa intensità, quando non superiori, interessano la maggior parte dei comuni della provincia bergamasca. Situazioni particolarmente allarmanti si riscontrano anche nella provincia di Brescia, nel cui capoluogo i decessi nelle prime tre settimane di marzo sono più che raddoppiati: da 134 nel 2015-2019 a 381 nel 2020. Va ancora rilevato come incrementi superiori al 200% siano presenti anche in capoluoghi come Piacenza o Pesaro” si legge nell’analisi dell’Istat. Il maggiore incremento dei decessi è tra gli uomini e le persone maggiori di 74 anni di età, le differenze tra i due generi sono particolarmente accentuale nei più anziani residenti al Nord. Tutti elementi che portano dritto al coronavirus.

Non bastasse, il secondo rapporto del Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera nelle città italiane in relazione all’epidemia di Covid-19, relativo al periodo 1 febbraio – 28 marzo, sviluppato nell’ambito del Progetto del Ministero della Salute Azione centrale CCM- Piano Nazionale di Prevenzione Effetti Ondate di Calore coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del SSR Lazio, ASL Roma 1 nella sua funzione di Centro di Competenza nazionale della Protezione Civile, mostra un forte incremento di mortalità, pari al 63% negli uomini e al 39% nelle donne nelle città del nord. Negli uomini l’aumento è del 34% nella fascia di età 15-64 anni, 64% nelle classi di età 75-84 e 72% nella classe oltre gli 85 anni. Al Centro-Sud gli incrementi sono più contenuti, compresi negli uomini tra il 2% nella classe di età 15-64 anni e il 17% nella classe oltre gli 85 anni.

Sulla base di cosa, dunque, alle ore 18 ci viene detto che la curva si è appiattita, forse la curva si sta abbassando? E sulla base di cosa si vuole decidere se e quando riaprire le attività economiche? «I dati di oggi ci parlano di una situazione in lento ma costante miglioramento. Lo sforzo complicato che stiamo facendo quindi porta a risultati». Lo ha affermato l’assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera, lunedì 6 aprile. L’aumento dei positivi al coronavirus era stato di 1089 unità contro i 1337 del giorno precedente. Tutto giusto, quindi. Anzi, per niente. Una gola profonda ci permette di affermare il contrario. Tenetevi forte: la nostra gola profonda è… il sito ufficiale della regione, Lombardia notizie online, secondo il quale il numero di tamponi effettuato lunedì 6 aprile è stato di 5005, mentre il giorno precedente erano stati 8107. Se si fanno meno tamponi, si trovano meno positivi, un po’ come se si fanno meno controlli con i palloncini si trovano meno automobilisti ubriachi… E il rapporto è nettamente peggiorato, su 100 tamponi i positivi di lunedì sono stati oltre 21, contro i 16 del giorno precedente. Se a ciò si aggiunge che lunedì 6 aprile sono stati registrati 297 morti da coronavirus contro i 249 del giorno precedente, ci si chiede sulla base di cosa Gallera abbia affermato: «I dati di oggi ci parlano di una situazione in lento ma costante miglioramento», senza che lo schieramento dei giornalisti a reti unificate abbia avuto nulla da eccepire.

Il giorno dopo, cioè ieri martedì 7 aprile, le cose non sono andate molto diversamente. I morti sono scesi di poche unità a 282, e ancora una volta i positivi sono scesi a 791, ma ancora una volta è sceso anche il numero dei tamponi a 4342; il rapporto numero di tamponi-positivi era migliore di lunedì e peggiore di domenica. E ancora una volta i dati sono stati salutati come positivi, incluso quello di Milano città: più 99 positivi quando il giorno prima erano 112; già, ma su quanti tamponi?

Ma la fase 2 sulla base di cosa si dovrebbe decidere? Sulla base di dati sottostimati di 10 o 50 volte? E magari facendo il confronto tra due numeri di persone trovate positive al coronavirus in due giorni consecutivi, ottenuti sulla base di due numeri molto diversi di tamponi effettuati? «La ripresa potrà quindi essere solo graduale e prudente. È superfluo segnalare come qualsiasi imprudenza potrebbe determinare un disastro di proporzioni difficili da immaginare». Lo scrivono i soliti catastrofisti da web? No, i medici chirurghi della Lombardia.