Nel cuore dell’Himalaya, laddove il Gange inizia il suo cammino, una frana in India ha aperto la terra e inghiottito un villaggio intero. Succede in pochi secondi, ma resta per sempre.
Frana in India, Dharali inghiottita dal fango: 200 dispersi tra civili e militari
Era mattina presto, il 5 agosto, quando il villaggio di Dharali è scomparso.
Una frana in India, fatta di fango e detriti, l’ha travolto all’improvviso, senza pietà. In quindici secondi. Non di più. Il tempo di un respiro.
A 2.400 metri d’altitudine, ai piedi dell’Uttarakhand, l’insediamento si affacciava sul fiume sacro. Ma il sacro, qui, non protegge. La pioggia — un cloudburst, dicono i meteorologi — ha picchiato duro. Troppo per un terreno già fragile, scavato e disboscato in nome del turismo religioso. Le montagne hanno ceduto. E con loro, le case. I templi. Le strade.
Sono 200 i dispersi. Civili, famiglie intere, ma anche militari di un vicino campo di addestramento. I primi cinque corpi sono stati estratti già nelle ore successive. Poi, solo silenzio. E fango.
I soccorritori si muovono come possono. A piedi, con i bulldozer, con i droni. Ma le strade sono interrotte, le comunicazioni saltate, la pioggia non molla. Le squadre NDRF e SDRF lavorano senza tregua, in condizioni estreme. A volte si fermano. Ascoltano. Sperano.
Narendra Modi, il Primo Ministro, ha parlato di “tragedia nazionale”. Ha promesso aiuti, risarcimenti, giustizia. Ma le parole, adesso, servono a poco. Le famiglie aspettano, i nomi dei dispersi si moltiplicano, e le ore passano.
Frana in India, gli esperti accusano: “Il disastro era annunciato”
Gli esperti lo dicono chiaro: la frana in India non è solo colpa della pioggia. Anzi, quella — intensa, certo — non sarebbe bastata da sola. “Il disastro era scritto,” ha spiegato il geologo Rajeev Upadhyay. E ha puntato il dito. Disboscamenti. Costruzioni abusive. Nessuna manutenzione. Nessun piano territoriale. Troppo turismo, troppa fretta.
Ogni anno migliaia di pellegrini raggiungono l’Himalaya per visitare i templi di Ganga e Yamunotri. Per accoglierli, si costruisce. In fretta, ovunque. Anche dove non si dovrebbe. E adesso si paga il conto.
Il ministro dell’Ambiente dell’Uttarakhand ha annunciato un’inchiesta. Intanto, l’allerta rossa resta attiva almeno fino al 10 agosto. Previste nuove piogge, nuove frane. Le zone di Uttarkashi, Chamoli e Rudraprayag sono sorvegliate da elicotteri, satelliti e squadre di emergenza. Il governo ha chiesto aiuto persino a Google per monitorare il terreno dallo spazio.
Nel frattempo, le famiglie attendono notizie. Alcuni non si arrendono. Altri già piangono. Dharali non c’è più. Ma lì sotto, ancora, qualcuno potrebbe esserci. Magari vivo. Forse no. Ma nessuno vuole smettere di cercare. Non ancora.