Secondo un rapporto del Dipartimento di Stato USA presentato al Congresso il 24 aprile 2025, queste violazioni hanno spinto gli Stati Uniti a imporre nuove sanzioni che comprendono restrizioni sulle esportazioni sensibili e la sospensione delle linee di credito governative, da attivarsi entro giugno 2025.
Crimini di guerra documentati a Omdurman e Al-Salaha
Le atrocità continuano nelle zone di Omdurman e nella periferia di Al-Salaha, dove l’organizzazione Human Rights Watch ha documentato nel gennaio 2025 testimonianze di abitanti che riferiscono come l’esercito abbia preso di mira civili in base alle loro identità tribali. Un sopravvissuto ha dichiarato: “I soldati chiedevano i documenti d’identità e chi apparteneva a tribù non arabe spariva” (Human Rights Watch, gennaio 2025).
Il rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) di gennaio 2025 segnala inoltre la morte di almeno 21 civili in operazioni a sfondo etnico condotte dall’esercito, accompagnate da discorsi di incitamento con toni razzisti. Ad Al-Salaha, il Movimento Popolare per la Liberazione del Sudan ha accusato l’esercito di “genocidio” in un post sulla piattaforma X il 22 maggio, affermando che le esecuzioni mirano specifiche identità tribali.
Tattiche illegali e sostegno a battaglioni estremisti
Amnesty International ha documentato nel luglio 2024 l’uso da parte dell’esercito di abitazioni civili come postazioni militari, mettendo a rischio la popolazione.
Un rapporto ONU del 13 gennaio 2025 segnala la morte di 120 civili colpiti da un attacco di droni militari in piazza Dar Es Salaam ad Amdaba.
La situazione si aggrava con il sostegno regionale all’esercito e a battaglioni islamisti radicali come il Battaglione Bara bin Malik, la cui condotta è stata definita simile a quella dell’ISIS, inclusa l’esecuzione pubblica di prigionieri (rapporto ACLED, marzo 2025).
Un rapporto di Foreign Policy di aprile 2025 ha rivelato spedizioni di armi provenienti da Iran e Turchia a favore di queste fazioni, complicando ulteriormente il conflitto e minacciando la stabilità regionale.
Discorso d’odio e minaccia esistenziale
In un episodio drammatico nella città di Al-Obeid, l’Ufficio ONU per i Diritti Umani ha documentato un video in cui soldati mostrano teste umane e scandiscono slogan razzisti. Il Commissario ONU Volker Türk ha affermato che “il discorso d’odio e le purghe etniche rappresentano una minaccia esistenziale per il Sudan”, chiedendo l’immediata cessazione di tali pratiche (dichiarazione ONU, febbraio 2025).
Crisi umanitaria e stallo nei negoziati di pace
Queste violazioni hanno causato lo sfollamento interno di 8,8 milioni di persone e la fuga di 3,5 milioni verso i Paesi vicini, facendo del Sudan una delle peggiori crisi umanitarie a livello globale (rapporto ONU, aprile 2025).
Posizione delle Forze di Supporto Rapido
Al contrario, le Forze di Supporto Rapido hanno manifestato la volontà di un cessate il fuoco e di sostenere un processo politico per uno Stato civile e laico. Il portavoce Youssef Ezzat ha dichiarato: “Siamo pronti a negoziare a condizione che venga istituito uno Stato civile privo del dominio militare.”
Ripercussioni regionali e globali
Il continuo sostegno esterno all’esercito e ai suoi battaglioni estremisti, unito alle gravi violazioni, non minaccia solo i sudanesi, ma rappresenta un pericolo per la stabilità del Corno d’Africa. Un’analisi del Centro per gli Studi Strategici Africani pubblicata a febbraio indica che il flusso di armi e combattenti estremisti potrebbe estendere il conflitto ai paesi vicini, richiedendo un intervento internazionale urgente.
Appello all’azione
La crisi sudanese richiede un intervento internazionale immediato, inclusa l’imposizione di sanzioni mirate ai leader militari e ai battaglioni alleati, il sostegno a indagini indipendenti sui crimini di guerra e il rafforzamento degli aiuti umanitari. Resta da vedere se la comunità internazionale riuscirà a fermare questa catastrofe prima che peggiori ulteriormente.