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Hiroshima, 80° anniversario della bomba atomica: il messaggio di Mattarella

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Nel giorno dell’anniversario della tragedia di Hiroshima, il mondo ricorda l’orrore della bomba atomica e rilancia l’appello per il disarmo, tra memoria, silenzio e nuovi moniti internazionali.

Il 6 agosto, anniversario che pesa come un monito. Otto decenni fa, Hiroshima cambiò per sempre. La bomba atomica cadde e il mondo non ha mai smesso di ricordare. Alle 8:15, l’ora esatta dello sgancio da parte dell’“Enola Gay”, la città si è fermata. Nel Parco del Memoriale, 55.000 persone, delegazioni da 120 paesi, mai così tante.

Silenzio, memoria, e un grido: mai più.

L’eredità pesante di Hiroshima: ricordo e avvertimento

Quel boato nel cielo, quella palla di fuoco a 600 metri, l’onda d’urto che spazzò via una città intera. L’orrore di 140.000 vite spente nel giro di pochi mesi, molti all’istante, altri dilaniati da ustioni e radiazioni invisibili ma letali. Tre giorni dopo, Nagasaki. Poi la resa del Giappone. Fine della guerra, ma l’inizio di un incubo che dura da ottant’anni, ricordato ogni anniversario Hiroshima con profondo dolore.

Ogni anno, la cerimonia al Parco della Pace ricorda tutto questo. Il Genbaku Dome, quel guscio di edificio miracolosamente in piedi, è lì a testimoniare la devastazione causata dalla bomba atomica. Il suono della campana alla stessa ora di allora è un rituale. Un richiamo. Stavolta, però, c’è qualcosa in più: 120 delegazioni, da ogni angolo del mondo, con una presenza senza precedenti. Anche chi ha armi nucleari tra le mani è qui, mentre Russia e Corea del Nord restano fuori scena. Non un dettaglio da poco, se pensi a quanto il rischio nucleare oggi sembri più vicino che mai.

Il sindaco Kazumi Matsui non ha usato mezzi termini. “Ai giovani spetta il compito di portare avanti la memoria. Di far sì che quella consapevolezza diventi azione.” Il suo appello è chiaro: serve un futuro libero da questa minaccia. Ma il Giappone non ha ancora aderito al Trattato che proibisce le armi nucleari. Il legame con gli Stati Uniti pesa come un macigno. Ed è proprio questo equilibrio fragile che rende il messaggio di oggi più urgente.

Mattarella, il monito e la responsabilità delle nuove generazioni nell’anniversario di Hiroshima

Quel boato nel cielo, quella palla di fuoco a 600 metri, l’onda d’urto che spazzò via una città intera. L’orrore di 140.000 vite spente nel giro di pochi mesi, molti all’istante, altri dilaniati da ustioni e radiazioni invisibili ma letali. Tre giorni dopo, Nagasaki. Poi la resa del Giappone. Fine della guerra, ma l’inizio di un incubo che dura da ottant’anni, ricordato ogni anniversario Hiroshima con profondo dolore.

Ogni anno, la cerimonia al Parco della Pace ricorda tutto questo. Il Genbaku Dome, quel guscio di edificio miracolosamente in piedi, è lì a testimoniare la devastazione causata dalla bomba atomica. Il suono della campana alla stessa ora di allora è un rituale. Nel giorno dell’anniversario Hiroshima, la memoria brucia ancora. Ottant’anni fa, la bomba atomica cancellò una città e cambiò il corso della storia. Oggi, Mattarella avverte: “Usare il nucleare nei conflitti è un crimine contro l’umanità”. Parole dure, nel silenzio del Parco della Pace. Un monito, più che un ricordo. E il mondo farebbe bene ad ascoltare.

Il sindaco Kazumi Matsui non ha usato mezzi termini. “Ai giovani spetta il compito di portare avanti la memoria. Di far sì che quella consapevolezza diventi azione.” Il suo appello è chiaro: serve un futuro libero da questa minaccia. Ma il Giappone non ha ancora aderito al Trattato che proibisce le armi nucleari. Il legame con gli Stati Uniti pesa come un macigno. Ed è proprio questo equilibrio fragile che rende il messaggio di oggi più urgente.