Platinette, icona della televisione e della radio italiana, ha recentemente raccontato al pubblico la sua drammatica esperienza con due ictus che hanno segnato profondamente la sua vita. Tra ironia e lucidità, Mauro Coruzzi ha condiviso le difficoltà e le trasformazioni imposte dalla malattia in un’intervista al Corriere e in un servizio per Le Iene, rivelando come il suo corpo e il suo cervello abbiano dovuto reinventarsi per sopravvivere.
Sopravvivenza e ironia: i 70 anni di Platinette
Nella sua autobiografia verbale riaffiorano ricordi familiari e personali: il padre segnato dalla guerra, la madre che lavava i suoi abiti femminili in silenzio, e gli amori mai realizzati che “ti graffiano il cuore per sempre proprio perché non li avrai mai“. La malattia ha imposto una brusca frenata alla sua vita, costringendolo a rivedere ritmi, priorità e identità, come ha spiegato al Corriere:
“Più che menomato mi sento impaurito soprattutto per la difficoltà nell’equilibrio che sto recuperando molto lentamente: cammino con il bastone come una vecchia pazza e questo mi rende fragile“.
A bilancio della sua vita, ammette anche qualche rimpianto leggero, come aver rinunciato a un cameo in un film di Rocco Siffredi, e ricorda ironicamente i suoi acquisti folli: vinili di Mina in giapponese e spese superate rispetto ai guadagni, ma senza rimpianti.
Martedì Platinette festeggerà i suoi 70 anni e, intervistato dalla testata, ha scherzato dicendo di non abbattersi come se fosse sull’orlo di una crisi di nervi, né di gioire come una teenager che finalmente può iscriversi all’autoscuola.
“Dopo i due ictus ho il cervello pieno di buchi”, la confessione di Platinette
Mauro Coruzzi, universalmente conosciuto come Platinette, festeggia i suoi 70 anni con quella lucidità ironica che l’ha resa un’icona della televisione e della radio italiana. Negli ultimi anni ha affrontato una sfida durissima: due ictus, uno ischemico e uno emorragico. Con il suo tipico spirito dissacrante, racconta di sentirsi così:
“Il mio cervello è come un Emmental, pieno di buchi, ma i neuroni superstiti hanno deciso di lavorare al doppio della velocità pur di tenermi in piedi”.
La malattia, che due anni fa sembrava averlo messo fuori gioco, oggi è per lui motivo di rivendicazione: “Sono ancora viva“, ripete, come a sfidare chi già lo dava per spacciato. La sua sopravvivenza è diventata un gesto politico, esistenziale e persino televisivo, un simbolo della resilienza che ha sempre contraddistinto la sua carriera.
Platinette guarda al passato senza nostalgia e parla della televisione di oggi con un distacco consapevole. La tv in cui si riconosceva, quella dove l’opinionista era corpo, voce e personalità, sembra un ricordo. Critico verso il presente, sostiene che “gli opinionisti sono diventati residuati bellici, sostituiti da format veloci e ospiti preconfezionati, in un clima ipersensibile al politicamente corretto“. L’unica eccezione, secondo lui, è Barbara d’Urso, definita “l’ultima vera diva, con la resistenza dell’acciaio“.
Infine, rimane fedele al suo stile provocatorio e lucido, rifiutando il matrimonio egualitario e giudicando il Pride depotenziato, senza rinunciare a una vena di disincanto: “Platinette vive ancora, ma in equilibrio precario con Mauro Coruzzi“.