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Massimo Giletti indagato per diffamazione dopo la querela di Graviano, la reazione: "Il Paese gira al contrario"

La reazione di Massimo Giletti alla querela di Graviano

La reazione di Massimo Giletti dopo aver ricevuto la notifica della querela di Giuseppe Graviano.

La reazione di Massimo Giletti dopo aver ricevuto la notifica dell’atto che lo vede indagato, insieme alla giornalista Sandra Amurri, per diffamazione dalla procura di Terni. La querela è da parte di Giuseppe Graviano.

Massimo Giletti indagato, la reazione alla querela di Graviano: “Non mi stupisco, il Paese gira al contrario”

Massimo Giletti ha ricevuto la notifica dell’atto che lo vede indagato, insieme alla giornalista Sandra Amurri, per diffamazione. La querela arriva da Giuseppe Graviano, detenuto che sta scontando diversi ergastoli per associazione a delinquere. Il fascicolo sarebbe poi stato secretato. “Ho fiducia nella giustizia” ha dichiarato Massimo Giletti all’AGI. Il boss legato a Cosa Nostra aveva querelato anche Roberto Saviano. “Ho sempre fiducia nella giustizia, certo alle volte penso che viviamo in un Paese all’incontrario, ma ormai non mi stupisco più di nulla” sono le parole di Massimo Giletti dopo la querela. Già nel 2020 era stato costretto a vivere due settimane sotto scorta dopo le minacce del boss Filippo Graviano, fratello di Giuseppe Graviano. I fatti di ora riguardano un’intervista fatta dal giornalista nel corso di Non è l’Arena a Salvatore Baiardo, uomo dei Graviano, che annunciò l’arresto di Messina Denaro. Guido Crosetto, ministro della Difesa, ha espresso la sua solidarietà su Twitter. “Solidarietà a Massimo Giletti. Viviamo in un paese al contrario” ha scritto il ministro.

Giuseppe Graviano, chi è: il boss chiamato Martiduzzu o Madre Natura

Giuseppe Graviano ha 60 anni. Affiliato alla famiglia di Brancaccio insieme al fratello Filippo, nel ’90 è stato reggente del mandamento di Brancaccio-Ciaculli. Ha avuto un ruolo molto importante nelle stragi del 1993 a Palermo, Firenze, Roma e Milano, e nell’omicidio di Pino Puglisi. Attualmente si trova nella casa circondariale di Terni dove sta scontando sei ergastoli. La prima condanna è arrivata nel 1997 per la strage di Capaci, un altra nel 1999 per la strage di via D’Amelio e per essere il mandante dell’omicidio del prete anti-mafia don Pino Puglisi. Un altro ergastolo è arrivato nel 2000 per gli attentati dinamitardi del 1993 a Firenze, Milano e Roma. Nel 2012 ne ha ricevuto un altro per l’omicidio di Giuseppe Di Matteo e nel 2020 per gli omicidi dei Carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo.