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Viminale, in arrivo decreto sicurezza bis contro mafia e scafisti

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Per la nuova norma denominata "spazza clan" verranno stanziati dal ministero dell'Interno 25 milioni di euro e sbloccate 800 assunzioni straordinarie.

Matteo Salvini è pronto a lanciare un aggiornamento del suo decreto sicurezza, questa volta con il preciso intento di colpire i mafiosi e gli scafisti. Questa mattina il ministro dell’Interno ha infatti annunciato una norma denominata “spazza clan“, che nei prossimi due anni consentirà l’esecuzione di tutte quelle sentenze di condanna rimaste bloccate a causa di lungaggini burocratiche o per mancanze di personale.

L’annuncio sui social

Il vicepremier ha voluto precisare tramite i propri account social che quali saranno i costi effettivi di questo nuovo decreto: “In arrivo lo “Spazza clan”: 800 assunzioni straordinarie per 25 milioni di euro in due anni per notificare le sentenze a migliaia di condannati in via definitiva che restano liberi per colpa di una burocrazia troppo lenta. Per me contano i fatti, le chiacchiere le lascio agli altri”.

Si tratterà peraltro di 25 milioni di euro provenienti direttamente dalle casse del Viminale, nelle cui stanze è fin troppo ben conosciuta la piaga della mancanza di fondi e di personale che consente a migliaia di mafiosi e scafisti già condannati di girare liberi per le nostre strade, in attesa della notifica della sentenza. Secondo una relazione del presidente della Corte d’Appello di Napoli, solo nella città partenopea i casi del genere ammontano a 12.065.

Il precedente: l’omicidio di Stefano Leo

Una situazione che vanifica l’operato svolto dalle Forze dell’Ordine e che rischia di condurre ad episodi come quello avvenuto lo scorso 23 febbraio 2019, quando il 33enne Stefano Leo venne ucciso a Torino da Said Mechaout. In quel caso l’assassino di Stefano Leo avrebbe dovuto scontare una condanna per maltrattamenti nei confronti dell’ex compagna, ma la sentenza non venne mai notificata a causa di un disguido burocratico nella trasmissione dei documenti necessari dalla Corte d’Appello alla Procura, lasciandolo così di fatto a piede libero.

Al tempo, il presidente della Corte d’Appello di Torino Edoardo Barelli Innocenti chiese formalmente scusa alla famiglia della vittima, affermando come l’errore fosse stato commesso proprio per carenza di personale.