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Ilva, le preoccupazioni dei politici per il ritiro di ArcelorMittal

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Da Prodi a Renzi fino a Berlusconi: tutti chiedono soluzioni immediate per mettere in salvo l'impianto.

Dopo l’annuncio del ritiro di ArcelorMittal, il caso Ilva ha suscitato numerose reazioni da parte dei politici, tutti preoccupati che la decisione del gruppo possa arrecare gravi danni al paese. Si teme infatti la perdita di oltre diecimila posti di lavoro e una consistente diminuzione del Pil italiano.

Romando Prodi sul caso Ilva

Romano Prodi ripercorre il passato della più grande azienda siderurgica d’Italia spiegando che secondo lui l’unica soluzione è che si trovi un compromesso tra il governo e il gruppo siderurgico. Ricorda che anni fa fu lo stesso signor Mittal ad ammettere che l’impianto di Taranto fosse quello più efficiente di tutta Europa. Questo in virtù della sua localizzazione e della sua originaria progettazione come azienda unitaria e di dimensioni appropriate. Dopo molti anni fu la stessa AcelorMittal ad acquistarla, con l’obiettivo di renderla “il punto di forza della strategia europea del più grande gruppo siderurgico mondiale“.

Prodi spiega che la sua volontà di lasciare la Puglia recherà al paese dei gravi danni economici, sia in termini di perdita dei posti di lavoro (14.000 tra personale e indotto) che di diminuzione del Pil nazionale e di peggioramento della bilancia commerciale.

Elenca poi i diversi elementi che negli ultimi tempi hanno generato conflittualità all’interno dello stabilimento. In primis il problema ambientale connesso alla salute dei lavoratori e degli abitanti della città, che potevano essere vittime di danni causati dalle polveri. Poi un incidente mortale per il crollo di una gru nel porto, cosa che ha fatto porre sotto sequestro la zona e obbligato a servirsi a Brindisi. Con un naturale e conseguente aumento dei costi. E ancora lo spegnimento di un altoforno per una sentenza del tribunale di Taranto.

Una situazione complicata, che secondo lui è impensabile sperare di risolvere per via giudiziaria come preteso da alcuni membri del governo. Altrettanto assurdo è a suo parere pensare di tenere in vita Ilva chiudendo l’area a caldo, cosa che recherebbe danni al sistema produttivo. Questa infatti perderebbe denaro e si dovrebbe comunque procedere a chiudere gli impianti di Novi Ligure e Cornigliano.

Di fronte a questo contesto e alle reazioni suscitate, per Prodi l’unica via percorribile è quella del compromesso e di un accordo con il governo per salvare l’Ilva. Anche perché, conclude, questo caso “ci mette di nuovo all’angolo fra tutti i paesi europei e più nessuno si fida di noi“. La politica industriale italiana si sta riducendo a cercare di salvare oggi la Whirlpool e domani l’Alitalia, senza però che vengano applicate le necessarie cure. Si augura infine che una soluzione possa essere trovata. Altrimenti, spiega, nessuno considererà più l’Ilva il miglior impianto siderurgico d’Europa.

Matteo Renzi sul caso Ilva

Tra le reazioni suscitate dal caso Ilva, presente anche quella di Matteo Renzi, che ricorda come il suo governo abbia firmato dodici decreti per tenere aperta Ilva tra gli insulti dei suoi ex compagni di partito. Un gesto che rivendica e che rifarebbe, nella convinzione che la sua chiusura significhi un danno enorme per l’intero Mezzogiorno.

Sostiene inoltre che secondo lui ArcelorMittal avesse già deciso da tempo di abbandonare l’impianto, ritenendo quindi una scusa la rimozione dello scudo penale. Una scelta che comunque non condivide nonostante portata avanti dall’esecutivo di cui fa parte. Motivo per cui si dice pronto a presentare emendamenti al Dl fiscale al fine di rimuoverlo.

L’ex premier si auspica che almeno su una questione così delicata si agisca tutti insieme, pensando al bene del paese e lasciando perdere i dissidi. E dichiara che Italia Viva è pronta a tutto pur di garantire il salvataggio di oltre diecimila posti di lavoro.

Silvio Berlusconi sul caso Ilva

Si unisce alla preoccupazione anche il Presidente di Forza Italia, che ribadisce come la decisione di ArcelorMittal determini gravissime conseguenze per i lavoratori, per la città e per la produzione di acciaio in Italia.

Non ha dubbi sull’attribuzione delle responsabilità, che per lui sono tutte del governo. Lo accusa infatti di aver imposto alle Camere un voto di fiducia sulla cancellazione della protezione legale che era stata attribuita agli investitori per realizzare il loro piano ambientale a Taranto. Questo per colpa della “sete giustizialista e vendicativa dei grillini e della loro morbosa passione per le manette, unita alla loro anima nemica dello sviluppo“. Non manca comunque di riprendere anche tutti gli altri partiti di maggioranza che hanno assecondato le istanze dei Cinque Stelle.

Chiede pertanto all’esecutivo di riferire in Parlamento circa le soluzioni che intende adottare. E ribadisce che le uniche forze in grado di dar vita ad un governo amico delle imprese sono quelle di centrodestra.

Matteo Salvini sul caso Ilva

Presente anche quella del leader del Carroccio tra le reazioni suscitate dal caso Ilva. Secondo lui non è licenziando diecimila persone che si fanno stare meglio i cittadini di Taranto. La soluzione è a suo parere da ricercare in investimenti per risanare e bonificare il territorio, “cosa che il privato avrebbe voluto fare“.

Sostiene inoltre che il decreto sia arrivato in aula con lo scudo penale, a differenza di quanto sostenuto da Renzi, per poi uscirne senza. E annuncia di bloccare i lavori in Parlamento qualora il governo non trovasse soluzioni efficaci, “con la speranza che comunque vada a casa il prima possibile“.