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Mattarella ha concesso la grazia a Bossi, condannato per vilipendio

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Sergio Mattarella ha firmato il Decreto di concessione della grazia a Umberto Bossi, condannato nel 2018 per vilipendio al Capo dello Stato.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato la grazia nei confronti dell’ex segretario della Lega Nord Umberto Bossi, condannato nel settembre del 2018 per vilipendio al Capo dello Stato. Mattarella ha agito secondo quanto previsto dall’articolo 87 comma 11 della Costituzione, in riferimento alla pena detentiva inflitta a Bossi ma tuttavia ancora da espiare. Il Senatur era infatti nel frattempo stato affidato in prova ai servizi sociali in seguito ad un provvedimento della magistratura di sorveglianza.

Mattarella concede la grazia a Bossi

Stando a quanto riportato da una nota ufficiale del Quirinale, nel concedere la grazia il Presidente Mattarella ha valutato sia il parere del Procuratore Generale che le attuali condizioni di salute di Bossi, attualmente ancora convalescente a seguito del malore che lo colpì lo scorso 14 febbraio nella sua abitazione di Gemonio.

Il Presidente della Repubblica ha inoltre tenuto in considerazione le particolari circostanze in cui venne commesso il reato di vilipendio, all’epoca diretto nei confronti di Giorgio Napolitano. Proprio lo stesso ex Capo di Stato Napolitano ebbe in seguito a dichiarare di non avere nessun tipo di risentimento nei confronti di Bossi, malgrado le offese subite.

Il vilipendio a Napolitano

L’episodio a cui faceva riferimento la condanna a un anno e 15 giorni che venne inflitta a Umberto Bossi accadde il 29 dicembre del 2011 durante la festa provinciale della Lega Nord ad Albino, nella bergamasca. In quell’occasione, l’allora capo del Carroccio criticò dal palco Giorgio Napolitano, apostrofandolo con l’epiteto dispregiativo di terrone: “Abbiamo subìto anche il presidente della Repubblica che è venuto a riempirci di tricolori, sapendo che non piacciono alla gente del Nord. Mandiamo un saluto al presidente della Repubblica. Napolitano, Napolitano, nomen omen, non sapevo fosse un terun”.