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Elisabetta Zamparutti: "Lavoro per una consapevolezza dei diritti umani"

Elisabetta Zamparutti CPT

Nell’intervista esclusiva, Elisabetta Zamparutti ha espresso la sua soddisfazione per la rielezione al CPT, ma anche scopi e priorità del suo lavoro.

Elisabetta Zamparutti è stata eletta per la seconda volta al Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT). La prevenzione di maltrattamenti nei confronti di persone private della libertà in Europa è un obiettivo del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti. Si tratta di un comitato a livello europeo e non intende limitarsi alla prevenzione della “tortura”. Si propone di controllare tutte quelle situazioni che potrebbero equivalere a “pene o trattamenti inumani o degradanti”. Il CPT prevede un sistema di visite nei luoghi di detenzione, per verificare le condizioni di trattamento delle persone private della libertà. Ha la facoltà di visitare carceri, centri di detenzione minorile, commissariati di polizia, centri di ritenzione per immigrati irregolari, istituti psichiatrici, strutture e istituzioni di ricovero a carattere sociale.

Nell’intervista esclusiva Elisabetta Zamparutti ha parlato del suo incarico al CPT, degli obiettivi che intende raggiungere e dello scenario futuro che desidererebbe.

Elisabetta Zamparutti al CPT

Elisabetta Zamparutti è stata eletta al CPT per la seconda volta. A proposito del ruolo assunto ha commentato: “Sono molto contenta della riconferma da parte del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa. Si conferma così la prassi di eleggere la persona il cui curriculum è stato valutato il migliore dagli organismi preposti a tale valutazione. Il Comitato per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti svolge missioni specifiche nei singoli Paesi del Consiglio d’Europa per identificare comportamenti e aspetti che possono servire per prevenire ed evitare che ci siano forme di tortura o punizioni inumane. Significa quasi prevedere quegli aspetti che possono tramutare in torture”. È soddisfatta di essere stata nuovamente eletta, anche perché “ero l’unica donna della terna”.

Le priorità, “per quanto mi riguarda, continuano a essere quelle che hanno connotato la mia città e l’Associazione “Nessuno tocchi Caino”. In particolare, prestare attenzione ai regimi speciali, se confluiscono in forme di isolamento e trattamenti o punizioni senza speranza, come ergastolo senza condizionale, che per me è una pena di morte “nascosta” o “mascherata“. Voglio trasferire in Europa l’esperienza maturata con Nessuno tocchi Caino”. Ma anche “individuare i regimi legati a stati di emergenza. Come aggravi di pene per emergenza terrorismo o di una particolare forma di criminalità. Tutto ciò che è espressione di emergenza si traduce in violazioni dello stato di diritto. È un aspetto per me prioritario e rientra anche quanto accaduto nel corso della pandemia, in quanto emergenza sanitaria. Essa ha comportato una serie di misure eccezionali, che dovremo verificare se e quanto conformi allo stato di diritto”.

Sovraffollamento delle carceri (dove la situazione si è aggravata con lo scoppio dell’emergenza sanitaria), pazienti psichiatrici chiusi in cella, fino alla pena di morte: sono tanti i temi e le prospettive attuali e interessanti che il CPT porta con sé. “Il carcere è privazione di libertà in relazione al reato commesso. Ma già la privazione delle libertà personali è una punizione. Inserire un ulteriore aggravio non ritengo sia corretto. Penso, per esempio, al regime del 41 bis. A me interessa individuare, approfondire e risolvere le forme di punizioni nelle punizioni, che si risolvono con forme di isolamento. Ma il mandato è molto ampio. Tutti gli aspetti di prevenzione della tortura mi riguardano e mi interessano”, ha precisato la Zamparutti. Dove con “isolamento” intende: “Le forme di privazione della libertà che si risolvono in privazione e isolamento sensoriale in assenza di significativi contatti umani protratta a lungo nel tempo”.

La situazione in carcere

“Rientra tra i problemi il sovraffollamento delle carceri, che accomuna in buona parte i 47 Paesi membri del Consiglio di Europa. È un problema che io definisco “tossico”. Non significa solo condividere la cella con più persone rispetto al limite previsto dal regolamento, ma sono compromessi anche gli altri aspetti che gravitano attorno al mondo carcerario. La privazione della libertà personale non significa solo carcere. Ma anche istituti psichiatrici, case di cura e centri per migranti”, ha sottolineato.

“Si tratta di problemi diffusi e non solo italiani. L’istituto penitenziario è un istituto meramente punitivo. Non ho visitato i Paesi Scandivani, i cui rapporti attestano istituti carcerai all’avanguardia. Ma il carcere è carcere ovunque nel mondo. Il nome stesso lascia intendere che al suo interno la persona va a penare e non a migliorare. Bisognerebbe superare tale concezione e pensare ad altre forme di contenimento di chi è pericoloso, per assicurare un diritto fondamentale come il diritto alla sicurezza“. Così Elisabetta Zamparutti del CPT ha parlato delle difficoltà del carcere.

Del carcere se ne parla poco e male. Se ne dà un’immagine stereotipata. Invece, il carcere meramente punitivo non è utile alla sicurezza sociale. Una volta espiato il tempo della condanna, le persone che escono dal carcere non hanno maturato alcuna forma di riconoscenza verso lo stato. Non hanno sviluppato alcuna consapevolezza, che sarebbe invece un elemento fondamentale e formativo. Il CPT dopo ogni visita redige i suoi rapporti. Ogni rapporto è un manuale: se venisse seguito punto per punto ne deriverebbero delle carceri migliori, più improntate sul rispetto dei diritti umani fondamentali. Seguono anche delle raccomandazioni, le quali – se messe in atto – porterebbero alla risoluzione di una serie di problemi e al miglioramento dell’istituto carcerario. Quindi anche miglioramento dello Stato e dell’organizzazione sociale”, ha aggiunto.

L’augurio per il futuro

Elisabetta Zamparutti, dopo avere espresso la sua soddisfazione per essere stata eletta per la seconda volta al CPT, ha immaginato un domani migliore.

In particolare, auspicando uno scenario futuro, ha dichiarato: “Spero in una maggiore consapevolezza dell’importanza dei diritti umani, a partire dai luoghi di privazione della libertà”. Alla base ci vorrebbe una mentalità e un’educazione diverse: “In primis, ci vuole conoscenza. Fondamentali anche le regole di Mandela: se ogni Stato si attenesse alle sue regole, il mondo sarebbe diverso. Bisognerebbe far parlare non solo gli esperti (di diritto, del carcere o della politica): sarebbe bene far parlare chi questo lo ha vissuto e subito. Così si farebbe conoscere cos’è veramente il carcere e orientare la politica verso scelte diverse, più attente e mirate. Per me “conoscenza” sono i grandi dibattiti pubblici e non solo la semplice informazione. Bisogna mettere la gente nelle condizioni di capire”, offrendo quindi spiegazioni più approfondite.