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Rapina a Lanciano, il chirurgo: la pistola non me la compro

Niva Bazzan e Carlo Martelli

Carlo Martelli assicura che anche dopo il sequestro e la brutale aggressione a lui e a sua moglie non è disposto a farsi giustizia da sé.

Dopo la brutale rapina in villa a Lanciano si è scatenato il dibattito sulla legittima difesa, tra i punti centrali del programma della Lega. Nonostante sia stato legato e picchiato, e abbia visto un sequestratore tagliare il lobo dell’orecchio della moglie, il chirurgo 69enne Carlo Martelli puntualizza: “Io la pistola non me la compro. E’ lo Stato che deve difenderci”.

Legittima difesa inutile

“Erano cattivissimi. Per come era cominciata e per quello che ci hanno fatto ero certo che sarebbe finita nel peggiore dei modi. Per due ore ho pensato che ci avrebbero ucciso tutti. Per fortuna invece siamo qui a raccontarla. Ma io la pistola non me la compro lo stesso. Se ne avessi avuto una in casa ci avrebbero ucciso con quella…” spiega dal suo letto d’ospedale Carlo Martelli. Il 69enne chirurgo fondatore dell’associazione Anffas è stato infatti barbaramente aggredito nella notte tra sabato 22 e domenica 23 settembre in una villa in località Carminiello di Lanciano (Chieti).

In casa con lui la moglie Niva Bazzan, a cui i rapinatori hanno tagliato un lobo dell’orecchio, ed il figlio disabile, rimasto illeso. Erano quattro i malviventi, che dopo aver legato e picchiato i coniugi si sono sono fatti consegnare bancomat e carte di credito, ma Carlo Martelli ne ricorda in particolare uno. Tutti erano incappucciati ma “parlava solo uno, in italiano perfetto. Erano vestiti bene e avevano belle scarpe” ricorda il chirurgo, in un’intervista a La Repubblica.

Sarebbe cambiato qualcosa se fosse stato armato? A questa domanda, Martelli spiega: “La pistola non l’avrei nemmeno raggiunta, – sottolineando – Mi sono svegliato con un cazzotto in faccia. E poi un’altra gragnuola di colpi”.

La cassaforte che non si trova

“Avevo visto che in casa c’era la luce accesa, ma pensavo che fosse mia moglie che doveva alzarsi presto per andare in gita a Roma. – ricorda – E invece mi sono ritrovato con un bandito che senza dirmi una parola mi massacrava di pugni“. “Ci ripetevano: diteci dov’è la cassaforte o vi facciamo a pezzettini. Io ho detto che non avevamo nessuna cassaforte, ma ogni parola era un pugno” prosegue.

“Ti diamo dieci minuti, se non ci porti alla cassaforte le tagliamo l’orecchio” hanno poi intimato i sequestratori al chirurgo. “E lo hanno fatto, davanti a me. – racconta – Poi però si sono convinti: hanno preso i bancomat e le carte di credito e sono usciti. Uno solo è rimasto con noi. Quando sono tornati, ci hanno lasciato il cellulare e la porta socchiusa, così siamo riusciti a dare l’allarme”.

Nonostante questo, Carlo Martelli ribadisce: “Io la pistola non me la compro. Averla significa essere disposti ad usarla e un cittadino normale non lo è. – chiarisce – E’ lo Stato che deve difenderci“.