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Riforma elettorale, Mattarella promulga il Rosatellum 2.0

Riforma elettorale

A marzo si andrà a votare con questo nuovo sistema elettorale: mix con un terzo di maggioritario e due terzi di proporzionale.

Riforma elettorale, alla prossima tornata elettorale gli italiani dovranno fare affidamento al Rosatellum 2.0. Ebbene sì, pochi minuti fa il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato la nuova legge elettorale, senza fare ulteriore osservazione e senza alcuna nota di ‘accompagnamento’. Infatti, per il presidente della Repubblica la riforma approvata una settimana fa, con la fiducia in Senato, non presenta alcun profilo di illegittimità costituzionale. Da Mattarella non giunge neanche una lettera di ‘raccomandazioni’ sull’uso della legge, come avevano tanto sperato i grillini, scatenati nel pressing per chiedere in prima battuta al capo dello Stato di non promulgare una riforma a loro giudizio ‘incostituzionale’.

Riforma elettorale: Mattarella firma

Dopo tante discussioni, Mattarella nel suo studio al Quirinale ha firmato la nuova riforma elettorale, visto che il Rosatellum, anche nei suoi punti più delicati, non è ‘manifestamente in contrasto’ con la Carta. Per questo motivo, il presidente della Repubblica, di fronte ad un provvedimento che rispetta tale principio, come lui stesso ha ricordato ha “l’obbligo della firma, il dovere istituzionale di farlo, qualunque opinione personale non conta”.

Dopo la promulgazione, e la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, il Rosatellum bis entrerà in vigore. Molto probabilmente, già a marzo 2018 gli italiani saranno chiamati alle urne con questo nuovo meccanismo: un mix con un terzo di maggioritario e due terzi di proporzionale. Nonostante Mattarella abbia promulgato la nuova riforma elettorale, i grillini possono ancora interpellare la Corte costituzionale. Ma i tempi in ogni caso saranno lunghi. Un verdetto della Consulta potrebbe arrivare soltanto quando le nuove Camere saranno già insediate.

I risvolti

La votazione di Camera e Senato del Rosatellum 2.0 ha creato molti attriti e dibattiti all’interno dei partiti stessi, lasciando molti strascichi sia per la modalità di votazione, sia per la forza messa in campo da alcuni partiti affinché questa nuova riforma elettorale passasse. Una sorta di “violenza”, come definita da alcuni, che ha generato malumore e scompiglio. Uno di questi che si è sentito pressato dalla strategia messa in atto dai partiti, è il presidente del Senato, Pietro Grasso, che si è polemicamente dimesso dal gruppo del Pd subito dopo l’approvazione, non condividendo la legge né nel metodo della fiducia né nel merito. Un gesto clamoroso da parte della seconda carica dello Stato che, secondo i grillini, avrebbe dovuto spingere Mattarella a rispedire indietro il Rosatellum.

Anche il presidente emerito Napolitano ha messo nel mirino la legge, per l’indicazione del capo della coalizione che può diventare di fatto un condizionamento del presidente della Repubblica nella scelta del premier. Nessuna delle tante obiezioni, appoggiate anche da alcuni costituzionalisti, ha retto però al vaglio del Quirinale. Violazioni del principi della Carta costituzionale non ne sono emersi. Le infuocate polemiche, insomma, appartengono al terreno dello scontro politico. Che è altro rispetto ai compiti e ai doveri del capo dello Stato.