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Coronavirus: la Naringenina potrebbe fermare l'infezione

Covid

Uno studio coordinato dalla Sapienza ha individuato nella Naringenina un potente inibitore di diverse specie di coronavirus, compreso il Sars-CoV-2.

La lotta alla pandemia continua: i laboratori di tutto il mondo sono a lavoro da diversi mesi su possibili vaccini e rimedi che contrastino l’azione del virus.

Alcune importanti novità, tuttavia, giungono dai risultati inerenti a uno studio italiano la cui pubblicazione è prevista a breve sulla rivista Pharmacological Research. La ricerca, sviluppata in collaborazione tra diverse università italiane, è stata coordinata dall’Università di Roma La Sapienza.

Naringenina: cos’è e come funziona

È stato ipotizzato che l’irrefrenabile diffusione del virus Sars-CoV-2 possa essere rallentata, se non addirittura fermata, inibendo un particolare componente molecolare che agisce accelerando la proliferazione del virus al verificarsi dell’infezione. Tale ipotesi è stata valutata e, poi, sperimentata dal gruppo di ricerca attivo presso il laboratorio dell’Unità di Istologia ed Embriologia Medica dell’università La Sapienza diretto da Antonio Filippi.

Il gruppo di ricerca, coadiuvato da Armando Carpaneto dell’Università di Genova, analizza da anni elementi quali i canali ionici lisosomiali TPC (Two-PoreChannels) che, se inibiti, pare impediscano la moltiplicazione del virus. Un valido inibitore dei canali ionici lisosomiali TPC è la Naringenina, una specie di flavanoide nonché sostanza naturale contenuta in agrumi come il pompelmo e altri vegetali.

I risultati di un ulteriore studio, realizzato dal laboratorio di Virologia della Sapienza sotto la supervisione di Guido Antonelli, hanno dimostrato come la Naringenina riesca a bloccare diverse tipologie di coronavirus. In seguito, alcune sperimentazioni, avviate nel laboratorio di Microbiologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele affidato a Massimo Clementi, hanno documentato l’efficacia della sostanza anche in relazione al Sars-CoV-2.

Il flavanone, inoltre, interviene in modo decisivo contro la tempesta di citochine ossia la tempesta infiammatoria che interferisce con il giusto funzionamento del sistema immunitario risultando potenzialmente letale.

Dalla Naringenina alla formulazione farmacologica

In seguito alle fondamentali scoperte derivate dall’osservazione dei canali ionici lisosomiali TPC e dagli effetti della Naringenina, Antonio Filippi ha affermato che “l’identificazione di un bersaglio cellulare e la dimostrazione che è possibile colpirlo in modo efficace rappresenta un sostanziale passo avanti verso l’ambizioso obiettivo di arrestare l’epidemia da Covid 19”. Pertanto, aggiunge Filippini che “la sfida successiva, a cui stiamo lavorando, con l’importante ausilio di nuove competenze nanotecnologiche […], è individuare la formulazione ottimale per veicolare il farmacoalle più basse concentrazioni possibili in modo efficace e selettivo alle vie aeree, il primo fronte critico su cui combattere l’infezione”.

Non resta che attendere, dunque, che la sintetizzazione del farmaco sia resa possibile quanto prima.