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Stupro di Reggio: femministe in aula durante il processo

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Femministe in aula per il processo de "il branco" di Reggio Calabria. Il dolore della ragazza stuprata dai sette ragazzi non si rimarginerà mai.

Femministe in aula per il processo de “il branco” di Reggio Calabria. Il dolore della ragazza stuprata dai sette ragazzi di Mélito Porto Salvo, paese vicino a Reggio Calabria, non si rimarginerà mai. La vicenda che affligge la giovanissima Maddalena, di soli 13 anni, rappresenta una vergogna che in questo momento tutta l’Italia sta provando. Il comune più a Sud d’Italia è stato teatro di svariati gesti atroci che hanno rovinato la vita di una giovane ragazza che, segnata dal ricordo, non potrà più vivere una serena adolescenza.

La storia di Maddalena

Femministe in aula durante il processo, che si terrà tra pochi giorni, in appoggio alla giovanissima Maddalena. La giovane ragazza, residente a Mélito Porto Salvo è stata vittima, per ben due anni, di stupro di gruppo. La vicenda è agghiacciante e vede come protagonista una giovane ragazza che all’epoca aveva 12 anni, che due anni fa si è presa una cotta per un ragazzo più grande di lei. Il ragazzo in questione ha 20 anni e si chiama Davide Schimizzi. Maddalena voleva soltanto affetto e protezione. I suoi genitori si erano separati da poco e la giovane ne soffriva parecchio. Purtroppo per Maddalena, Davide non aveva nessuna intenzione ne di proteggerla ne di donarle affetto, anzi. Il 20 enne poco dopo pone fine all’adolescenza della giovane studentessa. Il ragazzo voleva soltanto divertirsi. Tutto inizia quando Davide chiede a Maddalena di inviargli qualche foto, per giocare. La ragazza lo fa ma non sa però che il 20 enne poco dopo le avrebbe usate contro di lei. Il ragazzo infatti la obbliga di fare sesso con altre persone, altrimenti avrebbe diffuso le sue foto.

Lo stupro di gruppo

Maddalena si è trovata in una situazione dove era difficile poter uscire. Lei non voleva che le sue foto venissero diffuse, ma non voleva nemmeno fare sesso con nessuno. Il problema è che tra gli stupratori c’è anche Giovanni Iamonte, di 30 anni, noto in paese per essere una persona piuttosto violenta, ma soprattutto per essere figlio di un boss dell’ndrangheta. A questo punto la giovane 12enne non ha scampo. Si trova costretta a eseguire gli ordini di questi malviventi. Si trova ad avere paura sia per la sua vita che per la vita dei suoi genitori, ai quali non ha raccontato nulla. La giovane è silenziosa e tormentata e non ha idea di come uscire da questo incubo. Lo stupro di gruppo va avanti per due lunghissimi anni che sembrano interminabili. La ragazzina nel frattempo si innamora di un suo coetaneo il quale, subito individuato dai criminali, viene minacciato e costretto ad allontanarsi dalla ragazza.

La rivelazione

Ad un certo punto Maddalena non riesce più a tenere il dolore dentro di sé. Allora un giorno prende coraggio e decide di raccontare tutto all’interno di un tema di scuola. La madre, che fino a quel momento era all’oscuro di tutto, trova casualmente la “brutta” del tema scritto dalla figlia e una volta letto, corre subito dai Carabinieri per denunciare tutte quelle atrocità. I sette ragazzi allora escono allo scoperto. I melitesi finalmente sono vicini ad ottenere quello che si meritano. Una bella condanna. I sette vengono accusati di violenza di gruppo su minore, detenzione di materiale pedopornografico, violenza privata aggravata, lesioni personali aggravate e infine atti persecutori aggravati. Ma lo scandalo non è finito qua, sono infatti coinvolti anche il fratello di un agente di polizia e il figlio di un alto graduato dell’esercito.

L’omertà

La vicenda di Maddalena viene presa a cuore dalla stampa e dai media nazionali. Per questo, nel paesino di residenza, è stata organizzata una “marcia silenziosa” da dedicare alla povera vittima. I partecipanti, purtroppo, provenivano quasi tutti da paesi limitrofi. I cittadini di Mélito Porto Salvo, salvo qualche piccola eccezione, hanno preferito scegliere l’omertà. I melitesi non scendono in campo per protestare e per far valere il diritto delle donne. La maggior parte ha voltato lo sguardo. Quindi Maddalena non ha potuto vedere neanche la solidarietà da parte dei suoi compaesani. Per alcuni, a quanto pare, lo stupro è visto come causa di imbarazzo e non come sdegno.

Il processo

Nonostante la mancata solidarietà da parte dei melitesi, Maddalena avrà comunque giustizia. Il processo per condannare i setti malviventi si terrà mercoledi 11 ottobre. Davanti ai giudici del Tribunale di Reggio Calabria dovranno presentarsi Davide Schimizzi, Antonio Verduci, Giovanni Iamonte, Pasquale Principato, Lorenzo Tripodi, Daniele Benedetto e Michele Nucera. Le femministe hanno deciso di partecipare al processo per sostenere moralmente Maddalena. Il loro ruolo sarà quello di rappresentare la parte civile. Le donne dell’antiviolenza vogliono partecipare perchè non vogliono far sentire sola la ragazza che sarà costretta a vivere un processo molto lungo, ma ancor peggio molto doloroso.