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Suicidio assistito, finché la politica non prende una decisione la vittoria di Mario non sarà la vittoria di tutti

Eutanasia

Il SSN si nasconde dietro l’assenza di una legge e il Parlamento è immobile da tre anni, mentre il mondo fischietta indifferente sulla pelle di Mario e di quelli come lui.

Mario (chiamiamolo così) è un uomo marchigiano di 43 anni, tetraplegico da 10 dopo un incidente stradale, che ha deciso di richiedere alla sua azienda sanitaria l’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale con cui venne assolto Marco Cappato quando accompagnò dj Fabo in Svizzera per il suicidio assistito.

Quella sentenza sancì quattro requisiti fondamentali per non configurare il reato di aiuto al suicidio (art. 580 del c.p.): una patologia irreversibile fonte di sofferenze intollerabili, la somministrazione di trattamenti vitali e la capacità di autodeterminarsi con decisioni libere e consapevoli. Dopo un anno di battaglia legale ha ricevuto il parere favorevole del Comitato bioetico della sua regione: “Appare pienamente capace di assumere decisioni libere e consapevoli seppure nelle condizioni esistenziali di grave malattia e sofferenza. E la richiesta appare espressa in forma chiara e ripetuta in un lasso di tempo ragionevole”, scrive il Comitato. È la prima volta in Italia ed è un ulteriore gigantesco passo avanti sulla strada dell’autodeterminazione.

Avrebbe potuto tranquillamente decidere di andare a morire in Svizzera, dove la sua richiesta era stata accolta, ma ha deciso che combattere per il diritto di morire a casa sua, al fianco delle persone più care, era u a priorità. Ora ha vinto. La decisione del Comitato etico segna una prima volta in Italia che certamente è un ulteriore importante passo per il diritto all’eutanasia.

C’è soddisfazione anche nelle parole dell’Associazione Coscioni (che con la presidente Filomena Gallo e il tesoriere Marco Cappato da anni si batte per il diritto all’eutanasia): «Mario ha finalmente ricevuto il parere che attendeva: il Comitato Etico ha riscontrato i requisiti delle condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale per l’accesso al suicidio assistito. È la prima volta in Italia. Dopo aver letto il parere, Mario ha commentato: “Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni”», scrivono in un comunicato.

Ma la vittoria, vale la pena ricordarlo, è monca. È monca perché il Servizio Sanitario Nazionale si nasconde dietro l’assenza di una legge che definisca le procedure, il Parlamento è immobile da tre anni nonostante la Corte Costituzionale chieda di votare una legge che definisca le procedure di applicazione della sentenza.

La vittoria di Mario non è una vittoria del Paese: Mario ha dovuto percorrere un tortuoso iter giudiziario e personale per vedersi riconosciuto un diritto che la politica finge di non vedere per non essere costretta ad occuparsene. Soltanto lui (che muove solo il dito mignolo della mano destra) potrà autosomministrarsi il farmaco letale, non sarà consentito l’intervento di nessun medico (come sarebbe invece possibile nel caso dell’eutanasia) e per questo Mario e l’associazione Coscioni forniranno in collaborazione con un esperto, il dettaglio delle modalità di autosomministrazione del farmaco idoneo in base alle sue condizioni. Il vuoto normativo si abbatte sulle persone. La sentenza della Corte costituzionale pone in capo alla struttura pubblica del servizio sanitario nazionale il solo compito di verifica di tali modalità previo parere del comitato etico territorialmente competente”. Come trovare le modalità rimane per ora un fatto privato.

Così dopo 14 mesi per vedersi riconosciuto un diritto ora servirà ulteriore tempo per vedersi riconosciuto un diritto ora servirà altro tempo (e altre energie) per esercitarlo. Così accade che nella stanza di Mario si progredisca mentre il mondo qui fuori fischietta indifferente sulla pelle di Mario e di quelli come lui.