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Aggiornato il piano di emergenza nucleare dell’Italia: cosa fare in caso di incidente

Il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio

I tre scenari possibili e il discrimine di meteo e della distanza dai confini nazionali: è stato aggiornato il piano di emergenza nucleare dell’Italia

Lo scorso primo marzo e su input del governo è stato aggiornato il piano di emergenza nucleare dell’Italia: su cosa fare in caso di incidente, come farlo e con quali protocolli a decidere sarà la Protezione Civile che metterà in azione l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare. Questo significa che saranno due gli uomini chiave: il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio e il direttore dell’ispettorato Maurizio Pernice. Il piano per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari italiano segue giorni in cui anche in Italia ed a seguito della guerra Russia-Ucraina si era registrata una (ingiustificata) corsa all’acquisto di pastiglie di iodio e alle richieste di bunker anti-atomici. Ma quando scatterebbe il piano? In caso di incidente nucleare entro i 200 chilometri del territorio italiano.

Piano di emergenza nucleare dell’Italia: tre scenari

Si tratta di uno dei tre scenari previsti con la scriminante della distanza dai confini del territorio italiano: entro i 200 km, tra i 200 ed entro i 1.000 km dai confini, in territorio extraeuropeo. I tre step sono stati illustrati su Repubblica. Nel primo caso, cioè entro i 200 km scatterebbe l’invito alla popolazione a chiudersi a casa, per non più di due giorni, il blocco del traffico e la iodioprofilassi per ragazzi, giovani adulti e donne incinte. Tra i 200 e i 1000 km, con fattori di variabilità legati al meteo, sono previsti interventi indiretti sul territorio, controlli su tutte le filiere agroalimentari e sulle importazioni dall’estero. Oltre i 1000 km ci sarebbero semplici controlli sui prodotti in arrivo dall’estero e sui cittadini italiani eventualmente esposti alle radiazioni. In Europa ci sono 107 reattori nucleari attivi distribuiti su 13 nazioni fra cui non figura l’Italia.

I “vicini nucleari”: Francia, Svizzera e Slovenia

Ed entro i 200 chilometri ci sono solo alcuni impianti in Slovenia, Svizzera e Francia. Ha spiegato il direttore Pernice che opererebbe con Curcio: “Nessuna psicosi ingiustificata, nessuna corsa in farmacia, non c’è davvero motivo di fare incetta di compresse di iodio né pensare a rifugi blindati. Viste le distanze con l’Ucraina, per noi il parametro di riferimento resta Chernobyl. Nel senso che un eventuale incidente potrebbe avere in Italia le stesse ricadute dell’86, quindi non dirette sulle persone ma sul territorio”.