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Ance: necessarie misure per fare fronte al caro materiali

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L'associazione dei costruttori edili: mancano misure orientate a supportare lo sviluppo dell’attività produttiva

Si è svolta l’audizione dell’Ance presso la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati nell’ambito dell’esame, in prima lettura, in sede referente, del disegno di legge di conversione del DL 73/2021 recante “Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali”.

Il dott. Marco Dettori, Vice Presidente Economico-fiscale-tributario, che ha guidato la delegazione associativa, ha evidenziato in premessa che il provvedimento in oggetto rappresenta sicuramente un tassello indispensabile della strategia di uscita del Paese dalla crisi Covid e contiene alcune misure che prorogano o integrano misure già adottate, che sono senz’altro utili per dare supporto al rilancio dell’attività delle imprese di costruzioni ma non sono sufficienti.

In particolare, ha espresso forte preoccupazione e delusione per l’assenza di misure che permettano di fare fronte al “caro materiali”, la principale emergenza che sta affrontando il settore delle costruzioni in questi mesi.

La fiammata insostenibile del costo dei materiali da costruzioni, che dura da oltre sei mesi, sta mettendo in ginocchio le imprese: +150% per l’acciaio tondo per cemento armato; +129% per il Polietilene, +30% per il rame solo per fare alcuni esempi.

Oggi le imprese lavorano sottocosto ed è quindi necessario adottare misure eccezionali, concrete e immediate – simili a quelle adottate nel 2008 – che possano evitare il blocco di centinaia di cantieri sia pubblici che privati mettendo a rischio anche le opere del Recovery Plan e gli interventi del Superbonus 110%.

Senza un rapido intervento del Governo e del Parlamento in questo senso, infatti, è forte il rischio di conseguenze gravissime in termini di occupazione e investimenti.

Si è, inoltre, soffermato – quale ulteriore priorità per l’Ance – sul Superbonus 110%.

Come chiesto in tutte le sedi competenti dall’Ance e da tutta la filiera produttiva, è necessario prorogare immediatamente il Superbonus, almeno fino al 2023.

Senza una proroga immediata, tra poche settimane cominceranno a bloccarsi le nuove iniziative, perché non si potrà garantire la conclusione degli interventi e sarà difficile assicurare un efficace coinvolgimento del settore bancario nel ruolo di acquirente dei crediti fiscali e soggetto finanziatore delle iniziative.

Oltre alla proroga, è poi necessario apportare ulteriori modifiche normative alla disciplina dell’incentivo, in modo da facilitarne ed ampliarne al massimo la diffusione, rendendo più fluido il percorso di approvazione e realizzazione dei progetti, soprattutto quelli relativi agli edifici condominiali.

Il decreto semplificazioni in corso di pubblicazione rappresenta un primo passo molto positivo che potrebbe essere integrato con alcune misure in grado di rendere l’incentivo fiscale ancora più efficace.

Con riferimento alle altre misure del DL, sotto il profilo fiscale, si esprime un generale apprezzamento sulle ulteriori misure di supporto al sistema produttivo contenute nel provvedimento, che consentono di dare respiro alle imprese che hanno subito nell’ultimo anno ingenti cali di fatturato e una forte riduzione della liquidità, anche se le misure previste non appaiono sufficienti per consentire una rapida fuoriuscita dall’incisiva riduzione delle attività e per regolarizzare tutte le posizioni debitorie emerse durante la pandemia.

Positiva la proroga di ulteriori 2 mesi delle scadenze di pagamento delle cartelle esattoriali, accompagnata dall’ulteriore sospensione del blocco dei pagamenti delle P.A., a favore di imprese che risultino fiscalmente inadempimenti per importi superiori a 5.000 euro.

Dare però la possibilità di rateizzare il pagamento degli importi dovuti (ad oggi prevista un’unica soluzione a luglio 2021).

Anche la sospensione, fino a fine giugno, della disciplina sul blocco dei pagamenti della P.A., in caso di morosità fiscale accertata in capo al destinatario degli stessi, andrebbe accompagnata dall’analoga sospensione della disposizione del Codice degli appalti, che prevede la possibilità, per la stazione appaltante, di escludere l’operatore economico da una gara a fronte di irregolarità fiscali non definitivamente accertate, creando innumerevoli criticità.

Rappresentano solo un punto di partenza le misure dirette a sostenere le imprese nel processo di ricapitalizzazione e di investimento in beni produttivi, che andrebbero però inserite in un disegno più strutturato che favorisca pienamente l’apporto di nuovi capitali nelle strutture aziendali.

Il rafforzamento dell’ACE rischia, infatti, di rimanere del tutto inefficace a causa delle sua limitazione al solo 2021.

Allo stesso modo, per il “credito d’imposta industria 4.0”, andrebbe scongiurata normativamente il rischio di decadenza in caso di delocalizzazione di beni agevolati in strutture produttive o stabili organizzazioni estere dell’impresa beneficiaria. Questo è un aspetto fisiologico nel settore delle costruzioni.

In materia di definizione agevolata, ha evidenziato come sarebbe utile consentire alle imprese responsabili in solido con il datore di lavoro per le omissioni contributive da questi realizzate, di poter effettuare il versamento integrale, anche mediante versamento rateale, delle somme dovute a titolo di contributi o premi, senza la corresponsione delle sanzioni e delle somme aggiuntive ad essi relativi.

Tale possibilità era stata, peraltro, già concessa in passato con il DL n. 119/2018, che ha consentito l’estinzione dei debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione tra inizio 2000 e ine 2017, senza il riconoscimento di sanzioni e interessi.

Tuttavia, tale previsione non si applica alle specifiche fattispecie nelle quali i debiti di natura contributiva nei confronti degli enti previdenziali pubblici non sono affidati agli agenti della riscossione.

Il riferimento è, in particolare, ai debiti contributivi rivendicati dagli Istituti previdenziali che non riguardano il datore di lavoro direttamente responsabile dell’inadempimento ma gli obbligati solidali chiamati a rispondere per una omissione contributiva che non è ad essi direttamente imputabile.

Ha, inoltre, espresso apprezzamento per la detassazione prevista per l’acquisto della “prima casa” (compresa la “prima casa” nuova o ristrutturata acquistata dal costruttore), da parte dei giovani con reddito Isee sino a 40.000 euro, e le garanzie del Fondo Prima casa per migliorare il loro accesso al credito.

Ma la norma presenta alcune forti limitazioni all’utilizzo della garanzia “potenziata”.

Sarebbe importante estendere questa opportunità a tutti i soggetti che attualmente possono accedere al suddetto Fondo. Inoltre, sarebbe opportuno prevedere un periodo di applicazione più ampio, almeno fino a fine 2023 (invece di metà 2022). Infine, il riferimento al reddito ISEE limita fortemente l’effetto propulsivo che il Governo si attende. Sarebbe invece più opportuno considerare il reddito lordo del soggetto acquirente.

Per quanto attiene alla proroga a tutto il 2022 del cd “bonus alberghi”, ossia della detrazione del 65% delle spese sostenute per la riqualificazione delle strutture alberghiere, sarebbe stata più efficace un’estensione della normativa del Superbonus 110%, magari con la previsione di un moltiplicatore da commisurare alla superficie, trattandosi di immobili ad accatastamento unico.

Il Vicepresidente ha, poi, ricordato le criticità di privati ed operatori che hanno contratti di locazione in corso con Enti pubblici e che si sono visti ridotti il canone di locazione d’imperio, per

effetto di provvedimenti normativi nazionali o regionali reiterati così frequentemente da divenire, di fatto, strutturali e non più emergenziali.

È un sistema non più tollerabile e che va superato, prevedendo un’immediata sospensione delle norme che legittimano la riduzione unilaterale del canone o, in alternativa, ammettendo la possibilità per il locatore di applicare una tassazione sostitutiva del reddito da locazione, sulla falsariga della “cedolare secca”.

Per quanto riguarda le misure del decreto volte a sostenere la liquidità delle imprese, in linea generale, il decreto contiene proroghe importanti, come la proroga al 31 dicembre 2021 delle misure a sostegno della liquidità delle imprese (moratoria e garanzie pubbliche) e l’allungamento dei termini di restituzione dei prestiti garantiti.

Al riguardo ha, tuttavia, evidenziato che, come indicato dalla Commissione Europea, il Governo potrebbe scegliere di trasformare le garanzie a valere sul Fondo di garanzia Pmi e Sace in sovvenzioni (quindi patrimonio). Tale previsione sarebbe molto importante per le imprese perché contribuirebbe a migliorare il rapporto tra indebitamento e patrimonio. Su questo punto si è espresso favorevolmente anche l’European Systemic Risk Board presieduto dalla Presidente della Bce Lagarde.

Con riferimento, infine, alle misure in materia di lavoro, ha rilevato come il Decreto introduca disposizioni transitorie, finalizzate ad accompagnare il superamento della fase emergenziale.

Tuttavia, con specifico riferimento alla reintroduzione del “divieto di licenziamento” fino a fine 2021, per le imprese che fruiscono di cassa integrazione ordinaria o straordinaria (e per la durata della stessa), ciò costituisce un passo indietro rispetto all’assetto delineato dal primo decreto sostegni.

Inoltre, mancano misure orientate a supportare lo sviluppo dell’attività produttiva. Si propongono, solo a titolo esemplificativo, il ricorso ai contratti a termine, forme di decontribuzione e detassazione della formazione nonché delle ore eccedenti il normale orario di lavoro e dei superminimi.