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Caso Saman Abbas, rinviati a giudizio i familiari della 18enne scomparsa

Saman Abbas processo

Rinviati a giudizio i familiari di Saman Abbas, sulla cui sparizione si teme il peggio. Genitori, zio e due cugini sono accusati di averla uccisa.

I genitori, lo zio e due cugini della giovane Saman Abbas sono accusati di averla uccisa e poi si sarebbero macchiati persino del reato di soppressione di cadavere. Nella giornata di martedì 17 maggio si è aperto il processo a Reggio Emilia. I familiari di Saman sono stati rinviati a giudizio.

Saman Abbas, familiari rinviati a giudizio

Colpevole solo di volere una vita normale, libera e indipendente. Colpevole – secondo il giudizio distorto dei suoi familiari più stetti – di voler scegliere chi amare, conducendo una vita troppo “all’occidentale” per chi ancora concorda i matrimoni a tavolino. Resta il giallo sul caso di Saman Abbas, di cui da oltre un anno si sono perse le tracce. Dalle ricostruzioni realizzate in tutti questi mesi, l’ipotesi di omicidio resta la strada più avvalorata. La ragazza sarebbe stata uccisa dai suoi stessi familiari perché contraria a un matrimonio combinato. I parenti avrebbero poi fatto sparire il cadavere, che finora non è mai stato ritrovato.

Il giudice Dario De Luca ha accolto la richiesta della procura e tutti gli indagati sono stati rinviati a giudizio. Il giudice ha ritenuto sussistenti gli indizi che incriminano il padre Shabbar, la madre Nazia, lo zio Danish e i cugini Ikram e Nomanhulaq. Il fratello minorenne di Saman si è costituito parte civile. De Luca, inoltre, ha dichiarato inammissibili le richieste di giudizio abbreviato.

Le parole degli avvocati

L’avvocato Barbara Iannuccelli fa sapere che “l’associazione Penelope entra formalmente nel processo per fare giustizia per Saman. Vogliamo essere la famiglia di Saman visto che quella sua vera l’ha tradita. Faremo di tutto per la verità”.

Al contrario Simone Servillo, il legale dei genitori di Saman, ha dichiarato: “Coloro che non sono presenti in un processo non sono fantasmi. Il più delle volte sono vittime di un sistema che dà per scontato cose che non dovrebbero esserlo, come la consapevolezza di un processo a proprio carico”. Quindi ha aggiunto: Non sono mai riuscito a mettermi in contatto con i miei assistiti, ma spero che le mie parole li raggiungano. Li tranquillizzo perché la loro posizione è difendibile. Quello di oggi è un esito aspettato, ma ci dà occasione di difenderci in maniera sostanziale e spero definitiva nell’ambito di un contesto fondato sul contraddittorio”.