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Cosa è la partita iva comunitaria

Partita Iva

La Partita Iva comunitaria è uno strumento che permette, a chi è titolare di una partita IVA in Italia per esigenze commerciali, di compiere numerose operazioni con paesi dell’Unione Europea.

Attualmente, chi voglia porre in essere tali operazioni è obbligato a chiedere una nuova partita Iva nel paese comunitario con cui intende commerciare e, proprio per queste ragioni, è nata l’idea di creare una partita Iva a livello comunitario automatica, senza alcuna richiesta, in modo da incentivare l’efficienza del mercato unico europeo e dare anche maggior sostanza alla moneta europea.
In questo modo, inoltre, si uniformerebbe il sistema della tassazione, applicando a tutti medesimi standard, con effetti benefici anche sul mercato del lavoro. Ad oggi invece, come anticipato, il sistema richiede una espressa richiesta di ottenimento di partita iva comunitaria, tale richiesta può essere fatta al momento della presentazione della domanda per la partita IVA, o quando si intenda avviare una nuova attività.

Se la volontà di ottenere una partita iva con questi requisiti sorga dopo l’apertura di una partita Iva nel nostro paese, si può comunque richiedere, con lettera raccomandata A/R all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di competenza, di utilizzare la medesima partita Iva di cui si è titolari anche per gli scambi con l’estero.

La raccomandata

La raccomandata deve però essere inviata almeno trenta giorni prima di quando si desidera effettuare la prima operazione commerciale con un altro paese europeo, se l’Agenzia delle Entrate approva la richiesta, la partita IVA viene inserita in un registro denominato VIES.

La partita Iva così ottenuta è assolutamente identica a quella italiana, un codice di 11 cifre che identifica un’azienda e il cui scopo è quello di aggiungere ai beni o servizi offerti l’Imposta sul valore aggiunto e indicarla sulle fatture emesse.

Tuttavia, risultando titolare di una partita IVA comunitaria sarà possibile scaricare l’IVA sui beni e servizi necessari all’attività e ricevere il rimborso dell’IVA versata per acquistare altri beni e i servizi. Allo stesso tempo, l’IVA pagata dai clienti in fattura non potrà essere ritenuta, ma si dovrà versare per legge allo Stato.

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Cosa cambia nella la partita iva 2016

La disciplina sulla partita Iva, strumento che consiste in un codice di 11 cifre con cui si identifica un’azienda, in particolare sono obbligati ad aprirla i lavoratori autonomi che superano i 5.000 Euro, i professionisti che sono iscritti a un albo professionale e le società. Le modalità per richiedere la partita IVA variano in base alla categoria di appartenenza, ed il codice compare sempre sulle fatture emesse e consente, appunto la loro emissione.

Quest’anno, a partire dal 1° gennaio 2016, in particolare sono state modificate le regole per i regimi con partita IVA agevolata. Di conseguenza dal 1° gennaio 2016 l’unica partita IVA a regime agevolato legittima sarà quella indicata con il regime forfetario; mentre il precedente regime dei minimi potrà essere mantenuto fino alla naturale scadenza, stabilita in un quinquennio ovvero compimento del 35° anno di età del contribuente. Il regime forfettario è particolarmente agevolato poiché prevede un regime di tassazione con imposta sostitutiva da applicare al prodotto tra il fatturato realizzato e il coefficiente di redditività.

Questo coefficiente che varia in base al codice attività con cui la partita IVA è stata aperta, sia il coefficiente che i limiti di ricavi o fatturato dipendono dal tipo di attività svolta. Tutte le attività sono inserite in un particolare codice denominato ATECO.

La Legge di Stabilità 2016 ha introdotto un nuovo regime di tassazione per la Partita IVA che prevede un’aliquota dell’imposta sostitutiva al 5% per i primi 5 anni; a partire dal sesto anno invece l’aliquota dell’imposta sostitutiva salirà al 15%.

Per accedere a questo nuovo regime forfettario sarà necessario possedere i seguenti requisiti:

  • non aver conseguito ricavi o compensi superiori ai limiti indicati nell’allegato della Legge di Stabilità 2016, diversi a seconda del codice Ateco di riferimento;
  • non aver sostenuto spese per collaboratori superiori a 5.000 euro lordi;
  • non aver superato i 20.000 euro di costi lordi per ammortamento di beni strumentali

Sono esclusi, invece, dall’accesso alla partita IVA con il regime forfetario 2016 i contribuenti che siano titolari di:

  • regimi speciali IVA o regime forfetari per la determinazione del reddito;
  • contribuenti non residenti, salvo che non si produca almeno il 75% del reddito in Italia e si assicuri un elevato scambio di informazioni;
  • contribuenti che come attività abituale effettuano cessioni di fabbricati, terreni edificabili, mezzi di trasporto nuovi.

Cosa è la partita iva – regime dei minimi

La partita Iva è un particolare strumento finanziario che si compone di un codice di 11 cifre, che consente di identificare un’azienda, e compare sopra ogni fattura emessa dalla stessa.

Sono espressamente obbligati ad aprirla i lavoratori autonomi che superano i 5.000 Euro, i professionisti che sono iscritti a un albo professionale e le società. Le modalità per richiedere la partita IVA variano in base alla categoria di appartenenza, e al tipo di attività svolta.

Alcuni soggetti, come i professionisti e i lavoratori indipendenti, possono aprire la Partita Iva applicando il regime dei minimi, a tale iscrizione conseguono delle importanti agevolazioni fiscali che riguardano l’applicazione di una imposta sostitutiva del 15% o del 5% sui ricavi ed una riduzione degli oneri amministrativi con l’esenzione della compilazione di alcuni registri.

La legge di stabilità 2016 ha modificato alcune questioni relative all’apertura di tale partita iva, in particolare è stato modificato il regime forfettario o dei minimi che era stato affermato nella vigenza della precedente manovra 2015. Dal 1° gennaio 2016 dunque i professionisti vedranno l’innalzamento della soglia di reddito che ne determina l’ingresso nella categoria, la quale è stata portata da 15mila a 30mila euro.

Rimangono invece invariati sia l’imposta sostitutiva al 15 per cento che il coefficiente di redditività del 78 per cento impiegato per il calcolo dell’imponibile. Per entrare in tale gestione, e mantenersi, è importante che nell’anno precedente si siano conseguiti ricavi per un importo non superiore al limite di 30mila euro, che la spesa in un anno per dipendenti e collaboratori non superi i 5mila euro lordi, e non bisogna oltrepassare la soglia relativa all’acquisto di beni strumentali di 20mila euro in un anno.

L’imposta sostitutiva al 15 per cento si calcola sul reddito in base al cosiddetto coefficiente di redditività, che per i professionisti è pari al 78 per cento, il calcolo è piuttosto complesso e dai ricavi vanno sottratti anche i contributi previdenziali. Dall’importo che risultai va calcolata l’imposta al 15 per cento. Rimangono comunque esonerati dal versamento dell’IVA e nella fattura andrà sempre inserita una dichiarazione in cui si specifica che il proprio reddito è soggetto ad imposta sostitutiva.

Cosa è la partita iva agevolata

I lavoratori autonomi con un reddito superiore ai 5.000 Euro, sono tra i soggetti obbligati ad aprire la Partita IVA, insieme ai professionisti che sono iscritti a un albo professionale e le società.

Un partita Iva può essere aperta in vari modi, e sono diversi i regimi che si possono applicare, come la cosiddetta partita iva agevolata. Questo particolare regime consente, soprattutto a giovani lavoratori che intendono realizzare un’idea o una start up, di diventare imprenditore aprendo una partita IVA e avvalendosi del cosiddetto Regime dei minimi, o regime agevolato.

Le condizioni per rientrare in questo tipo di regime fiscale sono: non aver svolto un’attività come lavoratori dipendenti nei tre anni precedenti e non avere già svolto un’attività dello stesso tipo, neanche in qualità di lavoratore subordinato, inoltre, non bisogna superare un fatturato di circa 30.000 Euro all’anno.

Per accedere a tali agevolazioni, è necessario anzitutto richiedere l’apertura di una partita IVA che, anche in questo caso, rappresenta numero di 11 cifre che identifica l’azienda e compare su ogni fattura.

Sarà quindi necessario compilare un modulo specifico, sul quale indicando il nome dell’azienda e dell’imprenditore; alcuni dati sul tipo di attività che si desidera svolgere e il codice dell’attività che si desume consultando una tabella apposita.
Se si possiedono tutti i requisiti sopra elencati, in via di autocertificazione, per avvalersi del regime fiscale agevolato sarà sufficiente apporre una crocetta sulla casella dedicata del modulo. Tale modello deve essere presentato entro trenta giorni dall’inizio dell’attività, quest’ultimo non coincide necessariamente con l’apertura della partita IVA, ma si individua con riguardo al momento in cui si comincia ad emettere fatture. Il regime fiscale così scelto, vincola l’imprenditore per un anno.

I benefici per chi sceglie questo regime sono numerosi poiché, anzitutto, in luogo dell’IRPEF, IVA e IRAP, si verserà un unico contributo sostitutivo di imposta che è costituito solamente dal 5% del reddito.

Inoltre non è necessario tenere i registri contabili obbligatori, ma sarà sufficiente conservare tutte le fatture relative all’attività, risparmiando notevolmente anche sui costi del commercialista.

Quali sono i costi principali della partita iva

La partita Iva rappresenta un codice numerico di 11 cifre che individua una particolare impresa, e che consente di emettere fattura cu cui compare, sempre e obbligatoriamente, tale numero.

L’apertura di una partita Iva è obbligatoria per i lavoratori autonomi che superano i 5.000 Euro e i professionisti che sono iscritti a un albo professionale, nonché per le società.

La Partita IVA di norma viene aperta attraverso la compilazione di un modulo presso l’Agenzia delle Entrate, oppure attraverso il sistema Comunica. La finalità di tale cosiddetta Comunicazione Unica è quella di semplificare gli adempimenti a carico dei contribuenti che vogliono aprire una partita iva in quanto tutti i vari adempimenti vengono assorbiti da un unico polo telematico, il Registro delle Imprese.

Tale soggetto, in futuro, rimarrà l’unico a cui inviare la pratica digitale contenente le informazioni per tutti gli enti. Non esistono costi di apertura della Partita IVA, ma mantenere questo strumento finanziario comporta dei costi che possono riguardare in primo luogo i servigi del commercialista che si può occupare delle pratiche di apertura o della gestione delle spese legate ad essa.

Inoltre, la spesa maggiore è sicuramente quella relativa al mantenimento della Partita IVA, in base alla mole di lavoro che la gestione dell’attività comporta.

In primo luogo vi è da considerare il costo della iscrizione alla Camera di Commercio, di circa 100 euro all’anno. Si tratta di una sorta di tributo che tutte le imprese iscritte nel Registro delle Imprese devono pagare ogni anno alla Camera di Commercio del territorio, obbligatoria per le ditte individuali (artigiani o commercianti), mentre facoltativa per i lavoratori autonomi.

Ci sono poi i contributi INPS per artigiani e commercianti, che prevedono un’aliquota del 22,65%.

Il pagamento dei contributi minimi obbligatori deve essere effettuato in quattro rate trimestrali a scadenze programmate e bisogna aggiungere una quota percentuale che supera il minimale calcolata in base al reddito dichiarato. Sui contributi per artigiani e commercianti è previsto, dal 2016, uno sconto del 35%, per chi aderisce al regime forfettario.