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Ivrea, insulto omofobo su Facebook: parrucchiera condannata

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Ha offeso l'ex datore di lavoro. 20 giorni di carcere e 1.500 euro di risarcimento per ingiuria e diffamazione, un reato sempre più frequente.

Una parrucchiera trentenne di Ivrea è stata condannata a 20 giorni di carcere e a un risarcimento di 1.500 euro per aver offeso l’ex datore di lavoro su Facebook. I fatti risalgono al 2015. Il commento “Fagli causa a quel ricchione” rientra nel reato di diffamazione, sempre più frequente.

Insulto su Facebook: condannata per diffamazione

Scrive insulti omofobi su Facebook e viene condannata a 20 giorni di carcere e a un risarcimento pari a 1.500 euro. E’ la sentenza emessa dal giudice Lodovico Morello del tribunale di Ivrea nei confronti di una parrucchiera trentenne. Gli insulti risalgono al 2015 e la vittima è l’ex datore di lavoro della donna. Per questo gesto, la trentenne piemontese era stata accusata di ingiuria e diffamazione, e di conseguenza finita sotto processo. La prima udienza si era tenuta a inizio anno e il processo si è concluso lunedì 10 dicembre 2018. Una collega era stata licenziata e quindi la parrucchiera di Ivrea di era sentita in dovere di difendere l’amica, commentando un commento su Facebook in maniera poco felice: “Fagli causa a quel ricchione”. La vittima aveva prima denunciato la donna per diffamazione e poi aveva richiesto un cospicuo risarcimento di 30 mila euro. La multa è stata notevolmente alleggerita e la donna è riuscita anche a ottenere la condizionale.

Quando c’è reato di diffamazione

I commenti diffamatori che compaiono sui social network, purtroppo, sono sempre più frequenti. Spesso mossi dalla rabbia, ma anche dall’ignoranza, non si bada alle conseguenze prima di digitare le offese sulla tastiera. Ma insultare, oltraggiare e deridere una persona alle sue spalle, tanto nella vita reale quanto sui social, costituisce reato di diffamazione. Ferire la dignità altrui con foto e post che ne compromettano la reputazione equivale al reato stabilito dall’art. 595 del Codice Penale. Si tratta di diffamazione quando c’è qualsiasi tipo di riferimento che possa individuare il soggetto delle ingiurie, e soprattutto quando c’è la volontà e la consapevolezza di voler ferire qualcuno. Inoltre per esserci il reato di diffamazione, la comunicazione deve riguardare più di due persone, come nel caso di un post su Facebook che potrebbe essere condiviso in maniera illimitata e incontrollabile.