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Coronavirus nelle carceri, cosa succede se scoppia l'epidemia

Coronavirus, dopo le evasioni nelle carceri si pensa a soluzioni

Se il Coronavirus dovesse diffondersi nelle carceri italiane sarà una catastrofe.

La notizia dell’agente penitenziario di 28 anni in servizio presso il carcere di Vicenza adesso in coma dopo aver contratto il Coronavirus, fa tramare l’Italia. In luoghi chiusi come sono le carceri, infatti, il virus ha forse basse possibilità di entrare, ma, se ci riesce, ha altissime probabilità di proliferare. Solo a Vicenza, presso la casa circondariale Filippo del Papa, ci sono attualmente 404 detenuti, ma il carcere a una capienza massima di 286 posti.

Coronavirus nelle carceri, quali rischi

Il problema è serio. Non sono state, infatti, adottate misure per prevenire efficacemente la diffusione del virus nelle carceri. Al 30 novembre 2019 i detenuti erano infatti 61.174, circa 1.500 in più della fine del 2018 e 3.500 in più del 2017. L’espandersi del contagio del Coronavirus nelle carceri italiane porterebbe a un disastro.

Il Governo si è mosso in ritardo, ma si è mosso. Per quanto riguarda le carceri, nel Decreto appena approvato ci sono le “misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19“. Qui si legge che “le articolazioni territoriali del Servizio sanitario nazionale assicurano al Ministero della giustizia idoneo supporto per il contenimento della diffusione del contagio del Covid-19”.

Le misure introdotte dal Provveditorato penitenziario comprendevano varie azioni. Come per esempio l’esonero dal servizio per “tutti gli operatori penitenziari residentio comunque dimoranti nei Comuni di Codogno, Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e San Fiorano”. Sussiste poi il divieto “di accedere agli istituti penitenziari anche per il personale esterno, gli insegnanti, i volontari e i familiari di detenuti che provengano da quei Comuni”.

I detenuti non potranno inoltre essere trasferiti nella competenza dei Provveditorati di Torino, Milano, Padova, Bologna e Firenze.

“Prevenzione assoluta”

Mauro Palma, Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute, ha dichiarato che ci vuole “prevenzione assoluta”. “Da più parti – dice – vengono segnalate restrizioni ingiustificate. Incidono anche sui diritti delle persone ristrette che sembrano essere il frutto di un irragionevole allarmismo che retroagisce determinando un allarme sempre crescente che non trova fondamento né giustificazione sul piano dell’efficacia delle misure. Non sembrano essere stati assunti come primi urgenti provvedimenti proprio negli Istituti che maggiormente hanno rivolto l’attenzione alla mera chiusura degli esterni, misure relative alla sanificazione degli ambienti, alla diffusione di norme igieniche, all’autodichiarazione di non avere avuto contatti possibilmente a rischio da parte del personale che entra in Istituto, alla predisposizione di strumenti che possano rilevare la temperatura corporea di tutte le persone che, per qualsiasi ragione, entrano nell’Istituto stesso. In assenza di tali misure, la fisionomia della prevenzione potrebbe essere vista come maggiormente rivolta a evitare il rischio di futura responsabilità che non effettivamente a evitare un contagio certamente molto problematico in ambienti collettivi chiusi”.