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Coronavirus, l'Italia è pronta per la "fase due"? I dubbi sulla ripartenza

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Luca Ricolfi si è posto alcune domande: l'Italia è pronta per la ripartenza e per l'avvio della cosiddetta "fase due"?

Mentre il governo ha disposto la riapertura delle prime attività commerciali, si inizia a pensare a come potrebbe avvenire la “fase due”: l’Italia è pronta per la ripartenza? Se lo è chiesto il sociologo Luca Ricolfi che, intervistato da Il Messaggero, ha espresso alcuni dubbi. Innanzitutto, non è chiara la data entro la quale potrebbero essere allentate le misure restrittive. Si ipotizza un allargamento delle maglie già dal 4 maggio, ma qualcuno balza anche l’ipotesi di uno slittamento al 16 maggio. Quel che è certo è che la pandemia non terminerà a breve e per ripartire occorrerà seguire alcune importanti regole di protezione dal contagio.

Italia pronta per la “fase due”?

Se l’Italia sembra pronta a dare inizio alla fase due, secondo Luca Ricolfi, sono i politici a non essere ancora preparati. Nel momento in cui si inizia a parlare di tamponi, mascherine e test sierologici, infatti, vi sono “balbettamenti, frasi involute, vaghe intenzioni, riflessioni e valutazioni che sarebbero in corso, rivendicazioni di quel che si è fatto, ma nessuna chiara e univoca risposta, in un frastuono di voci ora confuse, ora discordanti”.

Passando ai numeri, continua il sociologo e politologo, pare che occorreranno 100 milioni di mascherine al giorno, cioè almeno 2 a testa. Mentre per quanto riguarda i tamponi, se ne realizzano ancora troppo pochi. L’Italia dovrebbe raggiungere il ritmo della Germania secondo l’esperto, realizzando 500 mila tamponi alla settimana. inoltre, ha sottolineato Ricolfi, “abbiamo deciso di rinunciare al monopolio pubblico dei test, da oggi chiunque lo desideri può sottoporsi a tamponi e test sierologici in una struttura privata, o mediante prelievi a domicilio“.

Un altro punto dolente sulla ripartenza riguarda i 10 mila posti, in alberghi e strutture para-ospedaliere, che accoglieranno chi non può passare la quarantena a casa perché rischia di infettare i familiari. L’Istat, però, sta conducendo un’indagine su tutto il territorio nazionale e forse “entro una settimana avremo i dati fondamentali per governare l’epidemia, a partire da quelli sul numero di asintomatici e pauci-sintomatici”.