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Mafia Capitale, Carminati scarcerato per scadenza dei termini

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Scadono i termini di custodia cautelare e Massimo Carminati viene scarcerato, l'ultimo atto di Mafia Capitale.

Dopo 5 anni e 7 mesi, Massimo Carminati, l’imputato principale del processo Mafia Capitale – poi diventato Mondo di Mezzo – è stato scarcerato dal carcere di Oristano per scadenza dei termini di custodia cautelare, con il meccanismo della contestazione a catena. L’istanza è stata presentata dagli avvocati Cesare Placanica e Francesco Tagliaferri, ed è stata accolta dal Tribunale della Libertà. “Siamo soddisfatti che la questione tecnica che avevamo posto alla Corte d’Appello e che tutela un principio di civiltà sia stata correttamente valutata dal Tribunale della libertà”, questo il commento dell’avvocato Placanica.

Mafia Capitale, scarcerato Massimo Carminati

Lo scorso ottobre era arrivata la sentenza delle Cassazione e per l’ex Nar Carminati e per il suo socio Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa 29 giugno, nonché per altri imputati come Luca Gramazio era stato previsto un processo d’appello bis per il ricalcolo delle pene alla luce della declassazione del reato in associazione a delinquere semplice. Erano 32 gli imputati giudicati dalla sesta sezione penale della Cassazione, 17 dei quali avevano condanne per reati di mafia. L’accusa chiedeva la conferma per tutti, ad eccezione del benzinaio di corso Francia, Roberto Lacopo, condannato a 8 anni in appello, per il quale si è chiesto un nuovo processo.

La sentenza di Appello dell’11 settembre 2018 aveva invece ribaltato il primo grado (che non aveva riconosciuto le accuse di mafia): Salvatore Buzzi e Massimo Carminati e altre 16 persone, una delle quali scomparsa di recente, erano state riconosciute colpevoli di reati di mafia anche se per alcuni erano stati diminuiti gli anni di detenzione. L’imprenditore delle coop è stato condannato a 18 anni e quattro mesi, l’ex Nar a 14 anni e mezzo, l’ammontare complessivo delle pene per i 43 imputati, otto dei quali assolti, aveva raggiunto quasi i 200 anni di carcere. E, dalle motivazioni depositate, emerge l’impostazione della Corte di Cassazione che si avvicina a quella dei giudici di primo grado.