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Coronavirus, aumento positivi: un contagiato su tre scoperto per caso

Coronavirus: i positivi 'per caso' sono un terzo dei contagi

Oltre un terzo dei nuovi contagi da coronavirus sono "positivi per caso", segno che il virus è ancora in circolo e viaggia sotto traccia.

I positivi ‘per caso’ sono oltre un terzo dei contagiati da coronavirus. Lo dice Flavia Riccardo, epidemiologa dell’ISS. Per positivi per caso si intendono quelle persone che si recano in ospedale per altre ragioni e si sottopongono al tampone preventivo, e scoprono di essere positive. Gli asintomatici quindi sono molti e soprattutto il virus continua a circolare.

Coronavirus, un terzo sono positivi per caso

I positivi per caso sono oltre un terzo dei contagi ufficiali. In questi giorni i numeri degli attualmente positivi in Italia torna a salire, e non succedeva da fine marzo. Flavia Riccardo, epidemiologa dell’ISS, in un’intervista a Repubblica fa chiarezza su questi numeri. Ora che è possibile concentrarsi anche sui casi meno gravi, aumentano le diagnosi di positività. Inoltre, a tutte le persone che si recano in ospedale, viene fatto il tampone, per evitare che il virus entri in corsia. E così, un ragazzo che fa un incidente con il motorino, prima di essere portato in ospedale, viene sottoposto a tampone, circostanza che prima non era presa in considerazione. E se il test risulta positivo, si passa ai famigliari stretti.

Questo aiuta a rendere più completo lo screening sugli asintomatici, testando anche più donne e persone più giovani. Secondo l’epidemiologa Riccardo, questi dati possono significare due cose: che l’epidemia sta lasciando una scia di asintomatici poco contagiosi, oppure che il virus circola sotto traccia.

Lopalco: “Il coronavirus c’è”

Pierluigi Lopalco, epidemiologo dell’Università di Pisa e della Regione Puglia, considera i dati normali. Dopo un picco così alto di contagi, è altrettanto normale un alto tasso di asintomatici. “Il virus c’è. Ormai non ce lo toglierà nessuno ed è normale che continuiamo a trovare contagiati”, dice a Repubblica. Quello che preoccupa l’epidemiologo sono i nuovi focolai, soprattutto quelli di importazione. Per esempio i nuovi casi del Lazio, ricondotti a un aereo atterrato a Fiumicino da Dacca, Bangladesh.