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Neonati morti, batterio killer trovato nel rubinetto dell'ospedale di Verona

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Il batterio killer dell'ospedale di Verona che ha ucciso 4 neonati proveniva dall'esterno: la relazione dell'organo ispettivo.

È stata consegnata alla Regione la relazione firmata dal professor Vincenzo Baldo, ordinario di Igiene e Sanità pubblica all’Università di Padova e coordinatore della commissione di verifica nominata il 17 giugno scorso dal direttore generale della Sanità del Veneto, Domenico Mantoan, che mira a far luce sulla vicenda del batterio killer nell’ospedale di Verona che ha ucciso in due anni 4 neonati lasciandone celebrolesi nove e colpendone in tutto 96. Da questa si apprende che il rubinetto del lavandino utilizzato dal personale della Terapia intensiva neonatale per prendere l’acqua da dare ai neonati insieme al latte era letteralmente “colonizzato dal batterio killer”.

Il batterio killer nell’ospedale di Verona

Nello specifico sembra che il Citrobacter – questo il nome del batterio – sia arrivato nel reparto interno all’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento dall’esterno probabilmente a causa del mancato o parziale rispetto delle rigide misure d’igiene imposte al personale nei reparti ad alto rischio, come il lavaggio frequente delle mani, il cambio dei guanti a ogni cambio di paziente o funzione, l’utilizzo di sovrascarpe, sovracamici, calzari e mascherina.

La relazione ha preso in esame le cartelle cliniche dei pazienti e le procedure, i protocolli, le attrezzature, gli ambienti, gli impianti e, naturalmente, le audizioni di medici, infermieri, operatori sociosanitari. Ad essere sentita è stata anche Francesca Frezza, la mamma della piccola Nina morta a novembre 2019. Era stata lei la prima a denunciare l’accaduto e a far scoppiare il caso. Al momento non ci sono indagati, ma sarà compito della Procura, che si appoggia ai Nas, individuare eventuali responsabilità.