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Palazzo Chigi: i forfait dei ministri dal 2001 al 2023

Santanchè Daniela

Chi sono i ministri che hanno lasciato Palazzo Chigi prima del tempo? Il primato del secondo governo Berlusconi nel quadro delle dimissioni degli ultimi ventidue anni

Daniela Santanchè al rogo mediatico. Da circa una settimana la ministra del Turismo è bersagliata dalle pesanti critiche dei partiti di opposizione, che ne chiedono le dimissioni. Rai 3 rivela condotte giudicate ai limiti della legalità nei confronti e dei fornitori e dei dipendenti delle società di sua proprietà Visibilia e Ki Group. Ma chi c’è insieme a lei nei gironi infernali di Palazzo Chigi? Ecco l’elenco di tutti i ministri dimessisi dal 2001 a oggi.

Più di tre ministri ogni due anni

Sono trentadue. Quasi il 12% dei ministri (278 in totale). In media, ogni due anni hanno lasciato il loro incarico più di tre ministri. Una media che tuttavia non rispecchia la realtà dei fatti. Le dimissioni di un ministro non hanno interessato ugualmente tutti e dodici i governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi ventidue anni: se alcuni governi non hanno registrato alcuna defezione, portando a compimento il mandato con gli stessi ministri con cui lo hanno preso, ce ne sono altri che hanno visto riaggiornare (anche più volte) il proprio organico, sia per questioni personali che politiche e giudiziarie.

Il primato del governo Berlusconi

Il governo che ha registrato più ministri dimissionari nel range temporale considerato è stato il secondo governo guidato da Silvio Berlusconi (dal 2001 al 2006): otto i ministri che hanno lasciato l’incarico. Al secondo posto c’è il quarto e ultimo governo Berlusconi (dal 2008 al 2011): sei. L’ultimo gradino del podio nero va al governo Renzi: quattro i ministri dimissionari. A onor del vero, il record del secondo governo Berlusconi è figlio anche della sua stessa durata: con 1.412 giorni in carica, si tratta del governo più longevo della storia repubblicana. Di seguito, alcuni “meriti” del primato:

  • Luglio 2002: il ministro dell’Interno Claudio Scajola si dimette in seguito alle polemiche riguardo le sue dichiarazioni sul giurista Marco Biagi (lo definì «un rompicoglioni»), ucciso a marzo dello stesso anno dalle Nuove Brigate Rosse;
  • Agosto 2005: il ministro dell’Economia Domenico Siniscalco si dimette dopo quattro mesi dall’incarico per divergenze con la maggioranza;
  • Febbraio 2006: il ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa Roberto Calderoli è costretto a dimettersi per essersi mostrato in televisione con addosso una maglietta raffigurante delle vignette satiriche contro Maometto, causando violente proteste attorno al consolato italiano a Bengasi (Libia);
  • Marzo 2006: il ministro della Salute Francesco Storace si dimette per il suo coinvolgimento nell’inchiesta Laziogate della procura di Roma. Era indagato per associazione a delinquere insieme ad alcuni suoi ex collaboratori, accusato di aver spiato a livello informatico alcuni avversari politici mentre era presidente del Consiglio regionale della Regione Lazio. Dopo una condanna in primo grado, fu assolto in appello nel 2012.

Il resto dei forfait

A gennaio 2008 (secondo governo Prodi), il ministro della Giustizia Clemente Mastella lascia l’incarico perché accusato di concorso esterno in associazione a delinquere dalla procura di Santa Maria Capua Vetere. Le sue dimissioni provocano l’uscita dalla maggioranza dell’Udeur e collaborano alla caduta del governo della coalizione di centrosinistra (nel 2017 Mastella sarà assolto). Più recentemente, a marzo 2016 la ministra dello Sviluppo economico (governo Renzi) Federica Guida si dimette – pur non essendo indagata – per il coinvolgimento in un’inchiesta sul traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti legati all’Eni in provincia di Potenza. Le ultime ministre a dimettersi appartengono entrambe al governo Conte: si tratta della ministra delle Pari opportunità Elena Bonetti e della ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova. Il motivo stavolta non ha a che fare con indagini e/o accuse: le due scelgono semplicemente di ritirare l’appoggio al governo (come aveva fatto a dicembre 2019 il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti).

Come funzionano le dimissioni di un ministro?

Dipende. Se le dimissioni partono da una volontà del ministro non è la stessa cosa che se sono richieste dal Parlamento. La mozione di sfiducia è un atto previsto dalla Costituzione con cui il Parlamento, o una parte di esso, manifesta il venire meno del rapporto di fiducia con il governo o con un suo esponente. In base ai regolamenti della Camera e del Senato, le mozioni di sfiducia devono essere motivate e sottoscritte da almeno un decimo dei componenti dell’aula (quaranta deputati e ventuno senatori), non possono essere discusse prima di tre giorni dalla presentazione e sono votate per appello nominale. Se la maggioranza assoluta dell’aula (50% o più) esprime un voto favorevole, la mozione è approvata e il suo destinatario deve dimettersi. Tuttavia, dal momento che i ministri di un governo sono espressione della maggioranza parlamentare, è difficile che il Parlamento voti a favore della sfiducia.

Daniela Santanchè, di cosa è accusata?

Tornando al caso Santanchè, nelle aziende a suo nome sarebbero stati registrati comportamenti poco trasparenti nei confronti del fisco e scorretti nei confronti dei dipendenti (trattamenti di fine rapporto non pagati a chi è stato licenziato oppure lavoratori messi in cassa integrazione a zero ore a loro insaputa, facendoli comunque lavorare).