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Lavoro in epoca Covid, il Wef: 133 milioni di nuovi posti

Lavoro in epoca Covid

Covid: nasceranno, nei prossimi 3 anni, nuove opportunità occupazionali. Parlano Mariangela Lupi (Adecco Group) e Ivano Dionigi (AlmaLaurea).

Dal resilience manager all’e-commerce: il lavoro in epoca Covid. Per il Wef nasceranno, nei prossimi 3 anni, 133 milioni nuove opportunità lavorative.

Lavoro in epoca Covid

Il Covid ha decisamente sconvolto il mercato del lavoro: tante sono state, e continuano ad essere, le difficoltà con cui il mondo del lavoro si è dovuto scontrare. Allo stesso tempo, però, con la pandemia sono nate nuove occupazioni che prima non esistevano. La Head of Humanity Development & Education Department di Adecco Group, Mariangela Lupi, spiega: “Parliamo delle realtà attive nella logistica e nell’e-commerce, nella grande distribuzione organizzata, nelle telecomunicazioni, nel settore medico farmaceutico e nell’igiene-pulizia. Inoltre stiamo assistendo alla nascita di nuove mansioni nei seguenti ambiti: prevenzione, salute, sicurezza e formazione”.

Tra le nuove occupazioni, Lupi cita: “Penso ai responsabili per la sicurezza aziendale, i corporate crisis manager, i resilience managers e gli educatori della salute. Penso infine a tutti i servizi di supporto a famiglie, persone e aziende, come baby sitter, colf, badanti da un lato e supporto psicologico ed esperti di formazione a distanza dall’altro. Molto richiesti anche i professionisti dell’IT e dei servizi digitali, come app designer e esperti del potenziamento dell’infrastruttura tecnologica”.

133 milioni posti di lavoro secondo il Wef

Secondo il World Economic Forum (Wef), nei prossimi 3 anni, a livello globale, con l’evoluzione del mondo del lavoro nasceranno 133 milioni di nuove occupazioni, più di quelle perse (75 milioni di posti di lavoro sono destinati a scomparire).

“Come abbiamo visto, la crisi sanitaria ha già fatto emergere la necessità di nuovi lavori e mansioni. È quindi fondamentale essere pronti e curiosi di imparare cose nuove, mai viste e a volte lontane dal nostro background di partenza. A questo proposito, penso anche che sia necessario coltivare le proprie competenze trasversali e la propria attitudine al lavoro. Alla luce degli sconvolgimenti degli ultimi mesi, la capacità di adattamento, l’apertura mentale, la curiosità e la resilienza sono skill fondamentali per entrare e avere successo nel mondo del lavoro”, aggiunge la Lupi.

“No alle scienze separate e alle iperspecializzazioni”

“La pandemia ci ha messo di fronte ad un limite: le scienze separate, gli ipertecnicismi e le iperspecializzazioni, le gabbie disciplinari all’interno delle quali molti si sono rinchiusi sono anacronistiche”: queste le parole di Ivano Dionigi, direttore dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna e presidente di Almalaurea.

Secondo Dionigi sono necessari cambiamenti anche nella formazione: “Oggi è necessario che i saperi tornino a contaminarsi, che accanto all’economia, all’ingegneria si affianchino le scienze umanistiche, intese come quelle in grado di dare una visione d’insieme, un senso della storia, che mai come in queste apocalissi ci è indispensabile. Come diceva Steve Jobs, è necessario creare la figura dell’ingegnere ‘rinascimentale’, qualcuno che abbia competenze tecniche ma anche apertura mentale. Perché le professioni per le quali ci formiamo oggi potrebbero non esistere più tra cinque anni, ma il nostro assetto mentale rimane”.

Puntare sulle “soft skill”

Sempre secondo Mariangela Lupi, bisognerà puntare soprattutto sulle “soft skill”, ossia le capacità relazionali e comportamentali che ci caratterizzano in un contesto lavorativo. Tra le più importanti: comunicazione efficace, saper lavorare in gruppo e sopportare lo stress.

“Trattandosi di competenze trasversali, permettono di adattarsi più agevolmente e più rapidamente a una nuova mansione o a un nuovo lavoro, aiutando a colmare quel gap tra requisiti richiesti dal mercato e competenze e nozioni imparate a livello teorico”, spiega Lupi; “un altro gruppo di competenze che sta diventando sempre più imprescindibile è quello delle competenze digitali. Possederle, svilupparle e continuare a essere aggiornati rappresenta un aspetto importante e un vantaggio competitivo da non sottovalutare”.

Remote working

Con la pandemia sono incrementati il remote working, lo smart working e gli orari ridotti: “Sicuramente – spiega Mariangela Lupi – si diffonderà ed entrerà a fare parte della nostra nuova normalità una modalità di lavoro ibrida tra ufficio e casa. Lo smart/remote working forzato sperimentato durante il lockdown ha dato, talvolta inaspettatamente, frutti positivi, dal punto di vista dei manager, dei lavoratori e del business aziendale”.

La Lupi sostiene che questa modalità lavorativa accompagnerà “un incremento della flessibilità di orari, in modo da consentire un maggiore bilanciamento tra vita e lavoro”.