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Blocco dei licenziamenti, cosa accadrebbe senza? Le stime

Blocco licenziamenti cosa accadrebbe senza

Cosa accadrebbe senza il blocco dei licenziamenti? Lo scenario non è dei migliori.

Il prossimo 31 marzo scadrà il blocco dei licenziamenti, misura introdotta dal precedente governo il 17 marzo 2020 per evitare che con la pandemia si generasse un risoluzione a catena dei rapporti di lavoro. La decisione, già rinnovata tre volte, si è rivelata fondamentali per i lavoratori, ma ora bisognerà capire come il nuovo esecutivo Draghi intenderà affrontare la situazione. I sindacati chiedono che il blocco venga prorogato almeno fino all’inizio dell’estate, mentre Confindustria ha già espresso più volte il suo interesse allo stop della misura per evitare che con il prolungare del tempo possa rivelarsi molto più duro l’impatto che ne deriverebbe. Ma cosa succederebbe senza il blocco dei licenziamenti?

Blocco dei licenziamenti: cosa accadrebbe senza?

A rispondere a questa non facile domanda è stato Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt, che all’Agi ha detto: È impossibile fare una stima. Il problema è che da un lato non sappiamo quante imprese decideranno di andare avanti con la cassa integrazione per non perdere le competenze costruite in questi anni e quante sono queste persone che le aziende considerano fondamentali e che non vogliono perdere. Dall’altro lato – aggiunge Seghezzi – non sappiamo quante sono le aziende piccole che hanno completamente bruciato le loro offerte di mercato e che non possono fare altro che chiudere”.

Difficile dunque andare a definire il reale impatto numerico di una decisione di questo tipo, “ma posso dire con certezza – continua Seghezzi – che quando lo sblocco dei licenziamenti arriverà, il problema vero sarà soprattutto nei servizi, nel turismo e nella ristorazione.

Le stime

Secondo una nota della Banca d’Italia, senza le varie misure adottate dal governo per tutelare il lavoro – tra il sostegno alla liquidità delle imprese, l’estensione della Cig e il blocco dei licenziamenti – i recessi dei rapporti lavorativi sarebbero potuti essere 600.000 in più.

Inoltre, secondo un’indagine Istat svolta tra ottobre e novembre 2020, sarebbero quasi 292.000 le aziende con almeno 3 lavoratori in crisi. Si parla di circa 1,9 milioni di addetti. E ancora, nel suo Rapporto annuale in Cnel ha sottolineato come 12 milioni di lavoratori tra dipendenti e autonomi abbiamo subito una drastica riduzione dell’attività lavorativa in seguita al lockdown, con conseguenze naturali sugli introiti.

Un quadro decisamente difficile all’interno del quale operare, con la Confesercenti che chiede l’introduzione di politiche attive per il lavoro, le uniche che a loro modo di vedere potrebbe in questo momento fare da tappo ad una situazione pronta ad esplodere.