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La Turchia combatte in Siria anche con le armi dell'Italia

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Tra il 2016 e il 2018, il governo italiano ha autorizzato l'esportazione di armamenti per 761,8 milioni di euro.

A parole, la comunità internazionale ha condannato l’offensiva in Siria e ha chiesto al presidente turco di interrompere l’operazione Primavera di Pace. L’Unione Europea non può cedere al ricatto di Erdogan, ha intimato il premier Giuseppe Conte. Eppure l’esercito della Turchia combatte anche con le armi dell’Italia. A levare la voce contro la fornitura militare dal governo di Roma a quello di Ankara è Rete italiana per il disarmo (Rid), che ha lanciato un appello al ministro degli Esteri Luigi Di Maio per chiederne l’immediata sospensione.

Armi dell’Italia alla Turchia: l’appello di Rid

“Chiediamo con forza al governo italiano di adoperarsi per fermare un’escalation di conflitto inaccettabile. Il particolare, risultano drammatiche le notizie di fonte curda secondo le quali i primi bombardamenti avrebbero colpiti anche obiettivi civili” scrive Rid sulla propria pagina Facebook. La richiesta al numero uno della Farnesina verte sulla sospensione “con effetto immediato di tutte le forniture di armamenti e sistemi militari verso il governo di Ankara, come prevede la legge 185 del 1990 che impedisce di inviare armi a Paesi in stato di conflitto armato”.

All’appello di Rid si sono unite anche le richieste di Cgil, Arci e Anpi. Ciò che si chiede al governo italiano è un atto formale della legge 185, facendo leva anche sul contenuto della Posizione comune europea 2008 e del Trattato Onu sul commercio delle armi.

Tutte le armi esportate

Difficile comprendere l’esatta entità delle esportazioni di armi dall’Italia alla Turchia. Giorgio Beretta, analista dell’OPAL (Osservatorio permanente sulle armi) e di Rdi, ammette che “anche incrociando i dati ufficiali del Senato e del Ministero degli Esteri, non è più possibile capire di che armi si tratti”. Gli unici documenti a cui è possibile fare riferimento (le relazioni di Camera e Senato) parlano genericamente di “armi o sistemi d’arma superiori a 12,7 mm, munizioni, bombe, siluri, razzi, missili, aeromobili e altre apparecchiature elettroniche. È inaccettabile che il nostro Paese, che ha attivamente sostenuto l’impegno delle popolazioni curde di contrasto all’Isis, continui a inviare sistemi militari alla Turchia che oggi intende occupare militarmente i territori curdi”.

Tra il 2016 e il 2018, ammonta a 761,8 milioni di euro il valore delle autorizzazioni concesse per l’esportazione di armamenti italiani in Turchia, 362 milioni dei quali nel solo 2018. Se si considera anche il 2015, il totale cresce fino a raggiungere gli 890,6 milioni di euro. I dati diffusi da Rid testimoniano un incremento delle licenze alle esportazioni negli ultimi quattro anni, a partire dai 128 milioni del 2015.

Lo stop della Norvegia

Un primo passo verso lo stop all’armamento dell’esercito turco è stato compiuto dalla Norvegia, che ha annunciato la sospensione di nuove licenze per armi e materiali bellici. Ine Eriksen Søreide, ministro degli Esteri di Oslo, ha espresso “grande preoccupazione” per i raid in corso nel Rojava e ha “rinnovato la richiesta di mettere fine all’operazione militare”.