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Femminicidio a Roma, cosa sappiamo del killer: la malattia e la passione per le armi

Martina Scialdone

Il femminicidio di Roma, la malattia del killer e la passione per le armi che aveva portato il 42enne nello stesso poligono di Capiti, killer di Fidene

A poche ore dall’ennesimo e brutale femminicidio, quest’ultimo commesso a Roma, tengono banco nel quadro desolante di quella violenza anche elementi come la malattia del killer e la passione per le armi. Dopo la morte di Martina Scialdone ad opera del suo ex Costantino Bonaiuti gli inquirenti stanno cercando di “incasellare” in punto di procedura il crimine che ha portato alla morte della 34enne avvocatessa per mano del 42enne ingegnere Enav.

Femminicidio a Roma: la malattia e le armi

La donna è stata uccisa a colpi di pistola fuori dal ristorante Brado di via Amelia 42, nel Tuscolano, ed anche in ordine a quei momenti terribili emergono particolari agghiaccianti anche se non confermati. Parrebbe infatti, secondo testimonianze non ancora suffragate o pubbliche e una precisa accusa del fratello della vittima, che Martina si sia rifugiata in bagno quando Costantino era entrato nel ristorante con fare palesemente minaccioso e che sia stata invitata ad uscire dal personale perché il loro alterco (ad una direzione, sia chiaro) prossimo a finire nel sangue in strada stava dando disturbo.

Le gravi accuse ed il post del ristorante

Il ristorante ha intanto pubblicato un post su Instagram in queste ore: “Oggi e domani rimarremo chiusi per esprimere la massima sensibilità a familiari e amici della vittima. Ci teniamo a ringraziare i nostri clienti che hanno collaborato per calmare la situazione e che hanno potuto appurare che abbiamo fatto tutto il possibile allertando le autorità sin dal primo momento”. E ancora: “Ringraziamo inoltre in modo particolare una nostra cliente che avendo competenze mediche ha tentato immediatamente di rianimare e dare soccorso alla ragazza”. Ad ogni modo e secondo il Messaggero il killer, Bonaiuti, ingegnere e sindacalista di AssiVolo-Enav di origini etiopi, aveva un quadro esistenziale preciso.

Lo stesso poligono di Campiti, killer di Fidene

Stava con la vittima da qualche anno e da due anni era in smart working dopo aver saputo di avere una grave malattia. I colleghi lo hanno decreitto come “schivo e riservato” e con una passione per armi e per il tiro al bersaglio. Tiro che andava ad esercitare per ironia amarissima della sorte al poligono di tiro a Tor di Quinto. Si tratta dello stesso spot in cui si esercitava Claudio Campiti, l’autore della strage di Fidene dell’11 dicembre scorso.