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Furto di documenti Nato, rischia processo 007 russo

furto di documenti

Spia russa accusava di aver rubato e diffuso documenti riservati alla Nato: l'uomo è già noto per episodi simili alla Procura di Lisbona e a quella di Roma: potrebbe essere processato

Furto di documenti Nato: un uomo, arruolato negli 007 russi, è indagato e rischia di essere processato per aver rivelato una notizia della Nato, di cui era stata vietata la divulgazione. Si tratta di Sergey Nicolaevich Pozdnyakov, uno 007 russo che già nel maggio 2016 era stato arrestato a Roma e poi espulso dall’Italia. Lo 007 non è nuovo a interventi di questo tipo: prima di essere arrestato a Roma, infatti, aveva tentato di sottrarre altri documenti riservati sempre alla Nato. In quell’occasione, insieme a lui, era stato fermato anche un complice dei servizi segreti portoghesi.

Furto di documenti

Nel maggio 2016 Sergey Nicolaevich Pozdnyakov è stato arrestato a Roma e rinchiuso nel carcere di Regina Coeli. La spia russa, nata a Mosca nel 1969, era stata fermata su ordine della Procura portoghese di Lisbona mentre comprava documenti top secret della Nato da funzionario dei servizi segreti portoghesi. I due erano stati colti in flagrante in bar di Trastevere: da alcuni mesi i servizi di intelligence li stavano pedinando e avevano registrato i loro incontri in diverse capitali europee.

Dalle indagini era emerso che nella chiavetta Usb che i due si scambiavano nei loro incontri erano contenuti documenti riservati di proprietà dell’Onu. L’arresto, però, è scattato solo in Italia. Il governo russo si era subito attivato per riaverlo a Mosca, scatenando una sorta di crisi diplomatica tra i servizi segreti e di intelligence dei due Paesi che già non godevano di ottimi rapporti. Il portoghese, nel frattempo, era stato rimpatriato e per lui si apriva l’accusa e il processo per spionaggio internazionale e rivelazione di segreti di Stato.

Scarcerazione negata

Nella ricostruzione di quanto avvenuto a Trastevere gli inquirenti avevano stabilito che Carvalho Gil, questo il nome del portoghese, aveva pagato con diecimila euro la spia russa che a sua volta gli aveva passato i documenti riservati della Nato. Carvalho si era difeso mostrando una ricevuta, alla quale sarebbe collegato il pagamento a Pozdnyakov. Peccato che il nome non sia quello della spia russa, ma un certo “Francisco”. Nel materiale sequestrato anche sei documenti riservati della Nato.

Al processo alla Corte d’Appello a Pozdnyakov non sono stati concessi gli arresti domiciliari e nemmeno la scarcerazione. Il suo avvocato aveva chiesto il diritto all’immunità, in quanto la spia era in possesso di passaporto diplomatico ed era in missione per l’ambasciata russa. Si era quindi mossa la Russia che aveva ingaggiato un pool di giuristi in grado di trovare il cavillo procedurale che permettesse la scarcerazione di Pozsnyakov.

L’uscita dal carcere

Dopo tempo dopo Sergey Nicolaevich Pozdnyakov era uscito dal carcere romano di Regina Coeli e posto sotto la protezione dell’ambasciata russa. Secondo gli avvocati difensori dell’uomo i provvedimenti giudiziari emessi dalla Procura di Lisbona non erano necessari per il mandato di arresto europeo a cui avrebbe dovuto far ricorso la magistratura italiana per confermare il fermo dell’uomo. La Corte d’Appello ha, infatti, deliberato che mancano le informazioni necessarie e le prove per lo scambio avvenuto tra le due spie a Roma, in cui il russo avrebbe consegnato documenti riservati al portoghese in cambio di diecimila euro.

Mentre il portoghese ha subito confessato l’accaduto, il russo avrebbe continuato a negare i fatti e per questo motivo era rimasto in carcere a Regina Coeli per alcune settimane, mentre la Corte d’Appello valutava le prove a suo carico.