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Giappone, la Corte Suprema boccia l'obbligo di sterilizzazione per le persone transessuali

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La Corte Suprema del Giappone ha decretato "incostituzionale" la legge che impone l'intervento chirurgico per i transessuali

Con una decisione storica, la Corte Suprema ha dichiarato “incostituzionale” una clausola della legge nazionale che impone alle persone transgender di sottoporsi a un intervento chirurgico di sterilizzazione per cambiare il sesso assegnato alla nascita nel registro di famiglia.

La decisione della Corte Suprema del Giappone

È stata la prima volta in Giappone che la Corte Suprema ha giudicato incostituzionale la clausola, dopo che il caso è stato presentato da una donna transgender che non si è sottoposta all’intervento chirurgico. I promotori della causa sperano che la decisione apra la strada ad una revisione che consenta alle persone transessuali di cambiare il proprio sesso legale senza sottoporsi all’intervento. Una mossa che metterebbe il Giappone in linea con gli standard internazionali. L’organo giurisdizionale, che è composto da 15 giudici e di solito tratta solo pochi procedimenti all’anno se non addirittura nessuno, ha concordato all’unanimità sull’incostituzionalità della legge. La corte, tuttavia, ha rinviato la decisione finale sul caso della ricorrente, affermando che una parte dei requisiti chirurgici, che rendono obbligatoria la rimozione del pene per le donne trans, deve essere deliberata ulteriormente. Il caso verrà sottoposto ad un tribunale inferiore, che lo riesaminerà.

Il procedimento per cambiare sesso

La legge del 2003 sulle persone affette da disforia di genere, stabilisce cinque requisiti fondamentali per ottenere il cambiamento dello status giuridico. Il richiedente deve presentare una diagnosi di disforia di genere da parte di almeno due medici, deve avere almeno 18 anni, non essere sposato e non avere figli minorenni. I requisiti in discussione sono le altre due condizioni imposte dalla legge, secondo le quali l’individuo deve “non avere ghiandole riproduttive” o deve aver perso “permanentemente” la propria funzione e deve avere “un corpo che assomigli agli organi genitali di chi è di sesso opposto“. Questi sono spesso descritti come requisiti chirurgici. Il primo richiede l’asportazione di ovaie o testicoli. Il secondo richiede l’asportazione del pene, con ripercussioni sulle richieste di cambiamento di genere da parte delle donne transgender.

La risposta della Corte Suprema

Il tribunale ha affermato che il primo, ossia la rimozione obbligatoria delle ghiandole riproduttive, è altamente invasivo” e “troppo restrittivo come condizione per il cambio di sesso. Viola, inoltre, il diritto di un individuo a perseguire la felicità, garantito dall’articolo 13 della Costituzione. “Dalla promulgazione della legge, le conoscenze mediche sono progredite e i trattamenti per la disforia di genere si sono diversificati” si legge nel comunicato condiviso dopo la sentenza. L’attuale requisito costringe, quindi, le persone a prendere “gravi decisioni binarie“, scegliendo tra il ricusare i propri diritti per evitare procedure fisicamente invasive o il rinunciare alle proprie richieste di cambiamento di genere.

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