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L’Europa può fare davvero a meno del gas naturale russo?

Un gasdotto

Il compromesso allo studio e la domanda che tutti si stanno ponendo in queste ore a Bruxelles: l’Europa può davvero fare a meno del gas naturale russo?

Ma, a fare conti pratici, oggi l’Europa può fare davvero a meno del gas naturale russo? Le dichiarazioni di Vladimir Putin in ordine all’embargo sulle valute di Ue e Usa per il pagamento del gas fanno uscire allo scoperto debolezze e disomogeneità delle posizioni dell’Ue. Quelle e l’altra difficile partita che si sta intersecando sul piano dell’altra guerra, quella “energetica” fra Mosca e l’Occidente. L’idea sarebbe di lavorare sull’embargo al petrolio russo arrivando così a “salvare” il gas russo o quanto meno la possibilità che possa essere pagato. In queste ore i governi sono al lavoro proprio su questa strategia. Ma come? In queste ore a Bruxelles, è in corso una riunione dei ministri degli Esteri e il tema è quello delle sanzioni energetiche. Polonia e paesi baltici sono i più drastici, mentre Germania ed Italia sono quelli più possibilisti. Il motivo è preso detto: sono i due paesi che più di tutti dipendono dalle importazioni di gas russo.

Fare a meno del gas russo: più difficile del previsto

E la realtà è amara: per quanto l’Italia sia “in caccia” in Tunisia ed abbia in animo di riesumare le potenzialità del Tap il paese non riuscirà a compensare quel 35% di dipendenza da Mosca in meno di 7/10 anni. Il gas liquefatto Usa presuppone volumi di trasporto ed una logistica che i paesi abituati alle pipeline non hanno e tutti gli sforzi della stessa Bruxelles per trovare sbocchi ed alternative in Quatar ed Usa sono più concettuali che realizzabili in tempi brevi.

Il fattore tempo e il “compromesso”

Serve tempo, quello che l’Europa non ha come sommatoria di paesi in cui ci sono contingenze diverse e diversi approcci tecnologici. E il tempo per accumulare scorte tali da chiudere i rubinetti russi in questo momento gioca tutto a favore di Mosca, cioè di Putin. La proposta di compromesso arriva perciò come una necessità più che come una sottigliezza strategica. Si rinuncerebbe al petrolio per salvare il gas naturale. L’approvvigionamento di quello e del carbone è più dinamico e sul tavolo c’è la proposta Usa di disembargare il ricchissimo Venezuela post chavista. Ma è anche vero che un ritorno a petrolio e carbone sia pur per motivi bellici porterebbe il mondo di 20 anni indietro sulla strada della green ecomomy che di Bruxelles era uno dei fari guida.