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Milano, Renzi alla Festa dell'Unità: "Governo di cialtroni"

Renzi a Milano

Nel mirino soprattutto i ministri pentastellati, da "Toninulla" all'unico "ministro del Lavoro che vuole ridurre l'occupazione".

Matteo Renzi non ha voluto rinunciare a Milano. Dopo Ravenna e la sua Firenze, l’ex segretario del Pd ha parlato da un ultimo palco in occasione della Festa dell’Unità. Sullo sfondo la Darsena e alle spalle un cartello che ricorda agli elettori che, nonostante la sconfitta del 4 marzo, “il vento soffia ancora”. L’ex premier elogia Milano, la “locomotiva non solo economica” del Paese, ed è soddisfatto del tendone tanto pieno da costringere molti ad assistere in piedi all’intervento.

“Un governo di cialtroni”

Chi si aspettava di sentire annunci sul futuro del partito, in vista della Leopolda e, ancora prima, di Salsomaggiore (21-22 settembre), è rimasto deluso. Dal palco della Darsena, Renzi ha tenuto una lunga arringa per dimostrare che “il governo è una banda di cialtroni“. Non usa mezzi termini: “Siccome non sono più segretario, siccome non sono più Presidente del Consiglio, dico le cose che penso”. Critica Salvini per il caso Diciotti e per i “49 milioni rubati, mentre a noi controllano i calzini”.

Ma è soprattutto sul Movimento che concentra la propria indignazione: “È una banda di scappati di casa“. Uno a uno, attacca i ministri pentastellati, a partire da Toninelli, a cui si riferisce con l’appellativo di “Toninulla” e “bugiardo coi riccioli”. Non viene risparmiato neppure Alfonso Bonafede, ricordato per la sua candidatura a sindaco di Firenze, proprio contro lo stesso Renzi. “Andava ovunque con la sua telecamera, diceva di tenere alla trasparenza. Una volta ha cercato di seguirmi in bagno… va bene la trasparenza, ma a tutto c’è un limite”.

Nel mirino di Renzi finisce anche Giuseppe Conte. “In questa foto si vede uno dei momenti in cui non stava preparando l’esame”, commenta ironicamente facendo riferimento al concorso alla Sapienza reso noto dal New York Times. Di Maio viene ritratto come “l’unico ministro del Lavoro che vuole diminuire l’occupazione. Cosa si inventerà adesso, l’ora di siesta obbligatoria?”.

Le divisioni interne

Dopo Firenze, lo ribadisce anche a Milano: il vero problema del Pd è aver fatto “la guerra al Matteo sbagliato“. L’ex segretario critica le correnti e le divisioni interne al partito e invita al dialogo e alla compattezza, perché chi uscirà sconfitto dalla prossima Leopolda non si affretti poi a “tagliare il ramo su cui è seduto anche lui”.

Ma non perde occasione per attaccare chi “con questi [del Movimento] vuol farci anche un accordo, non so se mi spiego”. A chi, anche tra i compagni di partito, incolpa il suo stile e il suo carattere per la sconfitta di marzo risponde che è proprio grazie alla sua opera di “personalizzazione” che il Pd è arrivato per due volte al 41%. Critiche anche a Minniti, per la sua riflessione sul bisogno di tornare nelle periferie per riguadagnare elettori. Una mossa non necessaria, commenta Renzi, perché è proprio il Pd l’unico tra i partiti ad andare nelle zone marginali e difficili della società.