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La morte delle gemelle Kessler: cosa prevede il testamento e chi riceverà l’eredità

morte gemelle Kessler

Le gemelle Kessler, unite fino all’ultimo giorno, e la loro scelta di una morte dignitosa: tutto sulla loro eredità.

La morte di Alice ed Ellen Kessler segna la fine di un legame unico nella storia dello spettacolo. Gemelle inseparabili nella vita e nell’identità, hanno scelto di morire insieme, incarnando fino all’ultimo il loro rapporto indissolubile. La loro storia non parla solo di fama e successo, ma anche di un legame profondo che ha reso la loro scelta finale un simbolo di affetto, coesione e riflessione sul diritto a una morte dignitosa.

Le gemelle Kessler: un legame indissolubile fino all’ultimo giorno

Come riportato da Bild, Alice ed Ellen Kessler hanno scelto di congedarsi dalla vita nello stesso momento a 89 anni, ricorrendo al suicidio assistito, pratica consentita in Germania, il Paese in cui erano nate. Le celebri gemelle avevano più volte manifestato la volontà di non separarsi mai, né in vita né nella morte, spiegando che non avrebbero sopportato l’idea di sopravvivere una senza l’altra.

Da tempo affrontavano temi come il fine vita, le disposizioni testamentarie e le scelte etiche con grande naturalezza. Avevano inoltre espresso il desiderio di essere accolte, dopo la morte, in un’unica urna insieme alla madre Elsa e al loro amato cane Yello, come stabilito nelle loro ultime volontà.

Rimaste sempre nubili, pur avendo avuto relazioni significative, avevano vissuto l’una accanto all’altra per quasi quarant’anni a Grünwald, legate da un rapporto così profondo da considerarsi incomplete se una delle due avesse intrapreso un percorso diverso, come il matrimonio.

Morte gemelle Kessler, i retroscena sul testamento: a chi andrà l’eredità

Negli ultimi anni, Alice ed Ellen avevano discusso apertamente della destinazione del loro patrimonio. In un primo momento avevano pensato di devolvere tutto a Medici Senza Frontiere, dichiarando al tabloid tedesco Bild di non avere legami familiari da tutelare e di voler sostenere chi rischia la propria vita per gli altri.

Successivamente, però, avrebbero deciso di ampliare la loro visione filantropica, ritenendo più giusto aiutare più realtà benefiche. Così avrebbero optato per suddividere i loro beni tra diverse organizzazioni, tra cui la Christoffel Blind Mission (CBM), l’UNICEF, la Paul Klinger Artists’ Social Welfare Organization e la Fondazione tedesca per la tutela dei pazienti.

Questa scelta riflette il loro modo di concepire la solidarietà: non un gesto isolato, ma un contributo distribuito e duraturo. Anche nelle loro riflessioni sul fine vita avevano sempre difeso il diritto a una morte dignitosa, convinte che la qualità dell’esistenza dovesse prevalere su un mero prolungamento biologico, soprattutto nel caso in cui una delle due fosse entrata in una condizione irreversibile.