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Napoli, ragazzo morto dopo aver mangiato sushi: condanna e assoluzione, la rabbia della famiglia

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Un quindicenne è morto dopo aver mangiato sushi in un locale del Vomero, a Napoli. I genitori parlano di giustizia mancata dopo la sentenza.

La tragedia di Luca Piscopo, quindicenne di Napoli morto nel 2021 dopo aver mangiato sushi in un locale del Vomero, ha sollevato interrogativi sulla sicurezza alimentare e sulla responsabilità medica. Il caso, conclusosi con una condanna e un’assoluzione, mette in luce le conseguenze drammatiche di una presunta intossicazione alimentare e il delicato equilibrio tra giustizia e prevenzione.

Quindicenne morto dopo aver mangiato sushi: condanna e assoluzione

Si è concluso a Napoli, dopo quattro anni dalla tragedia, il processo relativo alla morte di Luca Piscopo, il quindicenne deceduto il 2 dicembre 2021. Il ragazzo, studente del Liceo Pansini del Vomero, aveva consumato sushi in un locale “all you can eat” con alcune compagne. Nei giorni successivi, Luca manifestò un grave malore che lo portò, dopo nove giorni di sofferenze, a perdere la vita a causa di una miocardite, che secondo gli inquirenti sarebbe derivata da una salmonellosi contratta nel ristorante.

Il giudice monocratico Giuliana Taglialatela ha inflitto due anni e sei mesi di reclusione al titolare cinese del locale, mentre il medico di base del ragazzo è stato assolto dall’accusa di omicidio colposo. Al ristoratore sono state contestate anche violazioni sulle norme igieniche e sulla conservazione degli alimenti.

Il pubblico ministero Federica Amodio aveva richiesto tre anni di carcere per il titolare e un anno e otto mesi per il medico, sostenendo che il decesso di Luca avrebbe potuto essere evitato con cure tempestive.

Luca Piscopo morto dopo aver mangiato sushi: condanna e assoluzione, la rabbia della famiglia

Luca Piscopo, quindicenne nel pieno della vita, aveva deciso di trascorrere una serata con le compagne gustando sushi nel quartiere Vomero. Poche ore dopo il pasto, iniziò a sentirsi male. Nonostante i tentativi di cure domiciliari, il medico di famiglia non avrebbe il ragazzo nei giorni critici, e il giovane perse rapidamente peso e forza, fino alla morte avvenuta nel suo letto. L’indagine ha rilevato che le amiche di Luca, colpite dalla stessa infezione alimentare, furono curate in tempo, sottolineando la drammaticità della tempistica per il ragazzo.

Il ristorante venne chiuso dai Nas due giorni dopo la tragedia e oggi non esiste più. Gli avvocati Marianna Borrelli, Rossella Esposito e Amedeo Bolla hanno rappresentato le parti civili, mentre gli imputati sono stati difesi rispettivamente dagli avvocati Arturo Cola e Vittoria Pellegrino.

Durante l’udienza, presenti i genitori del giovane, la sorella e gli amici, tra cui le ragazze che avevano mangiato con lui, la madre della vittima ha dichiarato: “Non è stata fatta pienamente giustizia, questa rimarrà soltanto una verità giudiziaria”. Il giudice ha inoltre stabilito che il ristoratore dovrà versare una provvisionale di 45mila euro per ciascuna delle parti civili costituite.

La madre di Luca ha aggiunto: “Mio figlio è morto dopo giorni di sofferenza e dopo aver perso 10 chili, ma il medico non ci ha mai chiamati in quel lasso di tempo. Il risarcimento non ci interessa, meritavano entrambi il massimo della pena”.