> > Morto in cella Angelo Frigeri, aveva sterminato la famiglia Azzena nel 2014

Morto in cella Angelo Frigeri, aveva sterminato la famiglia Azzena nel 2014

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Condannato all’ergastolo per aver ucciso la famiglia Azzena nel 2014, il detenuto Angelo Frigeri è morto in cella. Si ipotizza un suicidio.

Il detenuto Angelo Frigeri è stato trovato morto nella sua cella: l’uomo era stato condannato all’ergastolo per aver massacrato la famiglia Azzena nel 2014. Si ipotizza che il decesso sia da imputare a un suicidio.

Morto in cella Angelo Frigeri, aveva sterminato la famiglia Azzena nel 2014

Angelo Frigeri, 40 anni, è stato trovato morto all’interno della sua cella a Uta. Il detenuto stava scontando una condanna all’ergastolo dopo essere stato giudicato colpevole dello sterminio della famiglia Azzena, massacrata a Tempio Pausania (in provincia di Sassari) il 15 maggio 2015. In quella circostanza furono assassinati Giovanni Azzena, 50 anni, la moglie Giulia Zanzani, 46 anni, e il piccolo Pietro, 12 anni.

Secondo gli inquirenti, Frigeri si sarebbe suicidato. Nonostante le ipotesi formulate, è stata aperta un’inchiesta ed è stata ordinata l’autopsia sui resti del detenuto al fine di determinare con esattezza le cause del decesso.

Appena pochi giorni prima del presunto suicidio, il 40enne era stato trasferito a Uta dal carcere di Badu ‘e Carros, probabilmente perché trovato in possesso di uno o più telefonini.

Si ipotizza che il detenuto si sia suicidato

Le autorità stanno indagando per individuare collegamenti con la fuga dal penitenziario di Nuoro del boss mafioso Marco Raduano, detenuto pugliese di 39 anni che stava scontando una pena di 19 anni. l’evasione di Raduano è avvenuto lo scorso 24 febbraio.

Intanto, a proposito della morte di Frigeri, il sindacato Uil Pa Polizia Penitenziaria in un comunicato ha fatto riferimento a un “gesto estremo imprevedibile anche perché il detenuto, trasferito di recente dall’Istituto nuorese di ‘Badu e Carros’, non aveva fatto presagire nessun disagio e non era stato necessario sottoporre nei suoi confronti il provvedimento di grande sorveglianza”.

Al carcere Uta, il sindacato aveva anche segnalato “ormai da diverso tempo il numero estremamente abnorme di eventi critici nelle sezioni detentive con numerosissimi tentativi di suicidio, autolesionismi, aggressioni tra detenuti e a danno degli agenti, minacce di morte, offese, scioperi della fame”.