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Cannabis, quando il "comunista padano" Salvini la pensava diversamente

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Matteo Salvini non è sempre stato contrario alla legalizzazione delle droghe leggere. In passato le sue idee erano più vicine a quelle della sinistra

Matteo Salvini dichiara guerra ai cannabis shop ma quando non era ancora ministro dell’Interno le sue idee non erano così antiproibizioniste. In passato infatti assicurava di volersi rapportare alle “tematiche classiche della sinistra, dalla forte presenza statale alla liberalizzazione delle droghe leggere”. Nel 1997 infatti l’attuale vicepremier faceva parte della corrente dei “comunisti padani”.

I Comunisti padani

“Nascono i comunisti padani. Che si presenteranno alle ‘elezioni’ di Bossi del 26 ottobre unendo falce e martello a secessione” titola in un vecchio articolo l’Adnkronos, risalente al 1997. Il 9 novembre di quell’anno, infatti, si tenne presso l’allora castello Cusani Visconti (oggi Procaccini) una consultazione per far eleggere un “Parlamento della Padania”, che nell’intenzione avrebbe avuto il compito di essere una sorta di governo ombra leghista.

Tra i duecento “parlamentari” in camicia verde c’era anche un giovanissimo Matteo Salvini. Aveva solo 24 anni, era iscritto alla Lega Nord dal 1990 e tre anni dopo era già consigliere a Palazzo Marino sotto la giunta di Marco Formentini. Ciò che è meno noto è che all’epoca il futuro leader leghista e vicepremier faceva parte della corrente dei Comunisti Padani, che nel proprio simbolo aveva persino la falce e il martello.

Dalla sinistra alla Lega

“Si tratta di un gruppo di ex compagni del Pci, gente che ha votato il partito per decenni ma poi, rimasta delusa dai capi si è riconosciuta nella Lega. Ci sono paesi della Bassa reggiana dove il Pci-Pds è passato dal 70 per cento al 40 per cento. E tutti quei voti sono andati per buona parte a Rifondazione e alla Lega” spiegava l’allora segretario provinciale della Lega Nord, Angelo Alessandri.

Intervistato nel 2014 da Rivista Studio, Alessandri rivelava poi che l’idea delle correnti all’interno della Lega “venne durante una visita di Bossi a Guastalla, Reggio Emilia, a cena”. Avrebbero dovuto “rappresentare le varie anime della Lega: – aggiungeva – c’era una componente socialdemocratica con a capo Formentini, una liberale con Vito Gnutti, una indipendentista veneta”.

Non deve d’altronde stupire che tale intuizione sia venuta proprio all’ex Senatur, visto che lo stesso Umberto Bossi iniziò la sua carriera politica iscrivendosi nel 1975 al Partito Comunista della sezione di Verghera (Varese). E in gioventù anche Roberto Maroni frequentò gli ambienti di Democrazia Proletaria.

Dai centri sociali all’antiproibizionismo

In una passata intervista a Le Iene, Matteo Salvini non rinnega il suo passato da “comunista padano”, spiegandone il significato: “Vuol dire che mi sento molto più al fianco degli operai io di quel ‘banchiere’ di Renzi”. Su un argomento invece l’attuale leader della Lega è diventato molto intransigente. Nonostante da giovane abbia frequentato spesso il centro sociale Leoncavallo, il ministro dell’Interno si dice assolutamente contrario alla legalizzazione delle droghe leggere, tanto da dichiarare guerra ai cannabis shop.

Eppure nel 1998 a Il Sole delle Alpi, quando era ancora un “comunista”, dichiarava: “Noi ci rapportiamo alle tematiche classiche della sinistra, dalla forte presenza statale alla liberalizzazione delle droghe leggere“. Persino qualche anno dopo, nel 2014, sulla vendita della marijuana si diceva “possibilista” e in un’intervista a La7 assicurava di essere pronto alla discussione. Poi l’improvvisa inversione di rotta, la scelta di comunicare attraverso messaggi sulle felpe e l’antiproibizionismo, perché “il fascismo e il comunismo li studio sui libri di storia” come cominciò a dichiarare pian piano Salvini.