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Solinas, governatore e senatore: Lega frena su dimissioni a Roma

Christian Solinas

Christian Solinas, su richiesta della Lega, starebbe temporeggiando sulle sue dimissioni da senatore in attesa della sentenza del Tar della Sardegna.

Diventa un caso quello del doppio incarico di Christian Solinas, eletto governatore della Sardegna ma ancora in carica come senatore. Prima di formalizzare le dimissioni, l’esponente della Lega starebbe infatti aspettando la sentenza del Tar dell’Isola che deve vagliare la correttezza della raccolta firme in occasione delle elezioni del 24 febbraio 2019.

Il doppio incarico

Nonostante Christian Solinas sia stato eletto alla guida della Regione Sardegna il 24 febbraio e proclamato presidente il 20 marzo 2019, il governatore sardo continua ad essere senatore. E questo anche se l’articolo 122 della Costituzione italiana reciti: “Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento (…)”.

Sembra che ad aprile Solinas abbia in effetti comunicato in forma scritta a Palazzo Madama le proprie dimissioni eppure a martedì 11 giugno 2019 continua a mantenere il doppio incompatibile incarico.

A creare ancor più scandalo il fatto poi che da fine 2018 Solinas sembra aver partecipato in Senato a solo 7 votazioni elettroniche, come da dati di Openpolis, pur continuando a percepire la diara (3.500 euro per le trasferte a Roma) perché la sua non presenza in Aula figurerebbe non come assenza ma come “missione”.

Rischio nuove elezioni in Sardegna

In base alle ricostruzioni di Sardinia Post, però, questo ritardo sulle dimissioni sarebbe dovuto anche al temporeggiamento della Lega. Solinas infatti dovrebbe dichiarare formalmente in Aula la volontà di decadere da senatore ma il Carroccio gli avrebbe chiesto di attendere almeno il 12 giugno.

In tale data infatti è fissata la prima udienza sui quattordici ricorsi presentati davanti al Tar della Sardegna all’indomani delle elezioni sull’Isola, nei quali si chiede la decadenza degli gli otto eletti con la Lega per via della raccolta delle firme delle liste ritenuta non conforme.