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Ilva, Conte duro con ArcelorMittal: "Inaccettabili le loro richieste"

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Il Premier ha definito inaccettabili le richieste della multinazionale franco-indiana di ridurre la produzione ed effettuare oltre 5mila esuberi.

È resa dei conti tra ArcelorMittal e il governo Conte in merito alla questione dell’ex Ilva, con l’azienda franco indiana che nelle ultime ore ha confermato la volontà di abbandonare il polo siderurgico di Taranto. Nel corso della conferenza stampa tenutasi a Palazzo Chigi nella serata del 6 novembre, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha definito infatti inaccettabili le condizioni poste da ArcelorMittal affinché rimanga in Italia: cioè una riduzione dei livelli di produzione dell’acciaieria ed oltre 5mila esuberi.

Ilva, Conte contro ArcelorMittal

Sembra dunque essere servito a poco l’incontro avvenuto oggi tra i rappresentanti del governo e i vertici della multinazionale Lakshmi Mittal e il figlio Aditya Mittal. Lo stesso Conte ha infatti chiesto a padre e figlio di reincontrarsi tra altre 48 ore al fine di ridiscutere le condizioni per una nuova proposta. Ormai sembra quindi non essere più valido nemmeno il tema dello scudo penale promesso nei confronti di ArcelorMittal per evitare contenziosi giuridici in merito ai reati di inquinamento ambientale in cui è coinvolto il polo siderurgico.

Malgrado infatti il governo abbia assicurato la misura (con notevoli malumori all’interno del Movimento 5 Stelle) lo stesso Conte ha dichiarato: “Il tema non è lo scudo penale. Si tratta di un problema industriale visto che l’azienda considera le acciaierie di Taranto non sostenibili dal punto di vista economico”. La posizione ufficiale dell’esecutivo è dunque che ArcelorMittal non abbia semplicemente rispettato il contratto aggiudicatasi nel 2018 tramite gara pubblica, come precisato anche dal ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli: “È evidente che ArcelorMittal voleva solo un’acquisizione”.

Lo sciopero dell’8 novembre

Nel frattempo, per la giornata del 7 novembre, il Premier Conte ha deciso di convocare tutte le parti in causa: vale e a dire il governatore della Puglia Michele Emiliano, il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e i sindacati: “L’Italia è un Paese serio, non ci facciamo prendere in giro. […] Il nostro strumento al momento è la pressione nel nostro sistema Paese”. Proprio le principali sigle sindacali di Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato uno sciopero generale per venerdì 8 novembre.

Le possibili soluzioni

Al momento il governo sta ovviamente vagliando la possibilità di percorrere strade alternative nel caso la trattativa con ArcelorMittal dovesse saltare del tutto. Tra le ipotesi messe sul tavolo c’è infatti quella di trovare una cordata di imprenditori che voglia farsi carico dell’onore e dell’onere di rilevare quella che è l’acciaieria più grande d’Europa. Un’eventualità molto improbabile che si contrappone a quella invece più plausibile di un intervento pubblico a sostegno dell’acciaieria, con conseguente coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti.

Sulla testa del governo continua però a pendere la richiesta di 5mila esuberi fatta da ArcelorMittal, che per quanto definita inaccettabile potrebbe essere l’unica soluzione possibile per tenere aperto il polo siderurgico, con un successivo intervento governativo di cassa integrazione per i dipendenti. Rimane una vicenda che andrà inevitabilmente a pesare su tutto il sistema Italia, come profeticamente annunciato dallo stesso Conte: “Chiameremo tutto il Paese a raccolta”.