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Ponte Morandi: recuperato furgone tra un cumulo di rottami

Ponte Morandi

Nella notte le ruspe dei vigili del fuoco di Genova hanno recuperato un furgone tra macerie e cumuli di lamiere

All’indomani della tragedia che ha trafitto il cuore di Genova, si cercano colpe e colpevoli. Alcune negligenze, forse, non hanno attribuito la giusta attenzione alla fragilità del Ponte Morandi. A distanza di una settimana dal crollo, si diffondono nuove immagini e video. Le immagini girate in notturna riprendono il recupero di un furgone tra un cumulo di rottami e macerie.

Tra le macerie del ponte

La strada che cede ai due lati della campata e il pilone che si spezza come un grissino facendo collassare l’intera struttura. La dinamica del crollo del ponte fulcro della città di Genova si fa sempre più nitida. Secondo le ultime ricostruzioni, la rottura di un tirante ha provocato il cedimento nel vuoto. A supporto di tale tesi ci sono le immagini di tre telecamere acquisite dalla Guardia di Finanza. Si tratta di dispositivi di sicurezza di aziende private, posizionati a distanze e angolazioni diverse rispetto al viadotto. A conferma, arriva anche la versione fornita da due testimoni oculari, che dicono di aver visto spezzarsi prima uno o due stralli, i grandi tiranti che reggono la strada. In tal modo appare possibile ricostruire un quadro piuttosto chiaro di ciò è successo.

Tuttavia, ancora non è nota la causa della rottura del tirante. Al di là delle ipotesi di usura o fulmine, i tecnici non escludono il cedimento di una parte del manto stradale, anche se ritenuto meno probabile. Nel frattempo i vigili del fuoco proseguono con gli scavi. Le immagini riprese in notturna mostrano gli operatori con i loro mezzi mentre scavano nei pressi del crollo.Così, tra lamiere e cemento, in una massa indistinta di rottami e macerie, è stato individuato quel che resta di un furgone.

Ponte Morandi

Colpe e colpevoli

Nel frattempo in procura si discute di reati. “Stiamo valutando se contestare anche l’omicidio stradale colposo“, ha riferito un inquirente. Si tratta dell’articolo 589 bis del codice penale. Generalmente prende di mira chi guida un veicolo, ma è possibile estenderlo anche ai gestori di strade e autostrade, “nella misura in cui hanno il dovere di garantire la sicurezza di chi circola”, hanno specificato.

Se così dovesse essere, la nuova accusa sarebbe la più grave dal punto di vista della pena: da due a sette anni. Gli altri tre reati presi in considerazione dai magistrati, il disastro colposo, l’omicidio colposo plurimo e l’attentato colposo alla sicurezza dei trasporti, hanno infatti pene che non superano i cinque anni. “Risibili, di fronte a una tragedia del genere, con 43 morti”, era stato il commento del procuratore Francesco Cozzi. “Per avere un’idea della sproporzione basti pensare che chi dichiara false generalità rischia di più di uno che causa un disastro di questo tipo”, gli ha fatto eco un suo sostituto.

Inoltre, prosegue l’acquisizione di documenti da parte della Finanza. Gli uomini, infatti, hanno avuto la delega a ricostruire i fatti e accertare delle responsabilità. Dovrà essere tenuto in considerazione il labile (e troppo fragile) confine tra privato e pubblico, in un gioco di continui rimandi fra Autostrade per l’Italia e ministero delle Infrastrutture. Entrambi sono tenuti alla vigilanza sulla sicurezza, anche se in termini diversi. Tuttavia, sembrerebbe che il Ministero nel corso degli anni si sia spogliato di tale funzione, affidandola alla parte privata. Ai pm il compito di capire se in modo legittimo o meno.