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Pride month: storia, origini e significato

Pride: storia e origini

Pride month: storia, origini, significati di ieri e di oggi. Dai Moti di Stonewall alle icone di mercato.

Il pride month (mese dell’orgoglio LGBTQIA+) farà tappa il prossimo 24 giugno a Milano, Trieste, Venezia, Reggio Emilia, Chieti, Perugia, Cagliari, Taranto, Palermo. Il movimento Onda Pride annuncia manifestazioni anche nel corso dell’estate, fino a settembre, con proiezioni, dibattiti e eventi a tema.

Ma quali significati racchiude oggi quello che una volta si definiva “gay pride”? Come sta cambiando rispetto alla storia e alle origini? Facciamo il punto oltre le polemiche che di anno in anno salgono sul carrozzone di un evento troppo sbrigativamente definito “sfilata di carri”.

Pride: storia, origini e significato oggi

Il pride (dall’inglese “orgoglio“) è letteralmente uno “scatto di orgoglio”, che si propaga a seguito di un drammatico evento verificatosi il 28 giugno 1969 a New York. Quel giorno la polizia fece irruzioni nel locale di Stonewall Inn della Christopher Street, nel Greenwich Village di Manhattan. Gli agenti perquisirono e umiliarono gli avventori dell’esercizio, per accertarsi che gay, lesbiche, travestiti e transgender indossassero almeno tre indumenti “adeguati” al proprio sesso, come prevedeva la legge dello Stato, il cosiddetto “dresscrossing”. Ogni trasgressione era illegale e punibile dalle normative discriminatorie.

Il Sessantotto della comunità gay

Quell’irruzione fu l’ennesimo blitz umiliante delle autorità. Episodio destinato a determinare una rottura significativa: da quel giorno la comunità Lgbtq deciderà di ribellarsi. L’attivista per i diritti transgender, Sylvia Rivera, lanciando una scarpa contro le forze di polizia, diede il via alle proteste di massa. Le prime incursioni (I moti di Stonewall) portarono a disordini fino all’anno successivo, al 1970, mutando in celebrazioni dell’identità gay. Quello stesso anno gli attivisti guidati da Craig Rodwell decisero di ricordare l’anniversario con il cosiddetto Christopher Street Liberation Day, oggi ufficialmente riconosciuto come il primo Gay Pride.

Ha senso celebrare il pride ancora oggi?

Questo è l’interrogativo che si pongono in tanti ancora oggi, a distanza di decenni, in un mondo dove i diritti non sono ancora realtà consolidata ovunque. Per esempio, la scelta di assegnare i mondiali di calcio in Qatar ha sollevato non pochi dubbi sull’opportunità di esportare eventi democratici e liberi in nazioni che non rispettano i diritti di tutti (non solo quelli LBGTQIA+, ma anche laddove le donne sono ridotte in una condizione di quasi-schiavitù).

Il Pride in Italia e i diritti non ancora riconosciuti

Il primo pride in Italia è stato celebrato il 5 aprile 1972 a Sanremo. A differenza degli Stati Uniti, nel nostro Paese è stato il frutto di protesta contro il “Congresso internazionale sulle devianze sessuali” che all’epoca fu organizzato dal Centro italiano di sessuologia di ispirazione cattolica.

Solo dopo tanti decenni (nel 2016) il nostro Parlamento ha adottato la legge sulle unioni civili, frutto di dolorosi e talvolta incomprensibili compromessi. Inoltre, l’Italia è tra i pochi Stati europei più importanti a non aver ancora riconosciuto legalmente le adozioni gay e il matrimonio egualitario.

Nel 2018, l’allora sindaca di Torino, Chiara Appendino provò a sfidare la classe politica, firmando un atto “fuori legge”, decidendo di iscrivere all’anagrafe un bambino come figlio di due madri. L’ex prima cittadina ne sta pagando ancora le conseguenze.

Ma il pride divide anche la stessa comunità LBTQIA+ poiché alcuni esponenti e attivisti non credono che sia la strada giusta per un confronto pacifico e risolutivo. Insomma, la strada per i diritti è ancora lunga.

 

Simboli e varianti: dall’arcobaleno al marketing gay

Per alcuni la bandiera arcobaleno è un simbolo feticcio di queste parate ormai svuotate di senso. In realtà i colori della “Rainbow Flag” sono stati ricreati dall’artista queer Gilbert Baker nel 1978. Nei decenni seguenti quel vessillo si è caricato di altri significati. Così come all’acronimo LGBT (Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender) si sono aggiunte nuove terminologie per definire più sfumature di genere sessuale.

Il pride è diventato anche un’opportunità commerciale, uno degli aspetti probabilmente più contestati e controversi. Gli studiosi dei mercati hanno individuato tra le varie anime che popolano la comunità, un nutrito target di clienti, tanto che oggi nel mondo Occidentale si sente parlare sempre più spesso di “marketing LGBT”, “marketing gay” e “clienti LGBT”, con tanto di indotto industriale, prodotti dedicati e a tema, beni e servizi, marchi registrati. Un business gigantesco che fa gola anche al mondo dello spettacolo e delle arti, pronto a celebrare le sue icone gay, ma col rischio di personalizzare una battaglia sulla pelle delle persone.