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Rifiuti: bioplastica con umido, compost di qualità e buon prezzo

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Milano, 12 ott. (askanews) - Una risposta all'aumento dei prezzi dei prodotti agricoli e un aiuto alla fertilità del suolo può arrivare dai nostri rifiuti organici, a patto però che si faccia una corretta raccolta differenziata. La confermano, e spiegano bene, i gestori degli impianti di comp...

Milano, 12 ott. (askanews) – Una risposta all’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli e un aiuto alla fertilità del suolo può arrivare dai nostri rifiuti organici, a patto però che si faccia una corretta raccolta differenziata.

La confermano, e spiegano bene, i gestori degli impianti di compostaggio che aderiscono al consorzio Biorepack, e che in diverse regioni d’Italia producono compost di qualità.

Compost di qualità vale a dire, fertilizzante naturale, ottenuto dal riciclo della frazione umida dei rifiuti e delle plastiche compostabili che dal primo gennaio 2022 devono essere avviate a compostaggio insieme all’umido.

Ma attenzione: le plastiche compostabili non vanno confuse con le plastiche tradizionali. “La bioplastica non c’entra niente con la plastica. Sono due cose completamente diverse – spiega Werner Zanardi, tecnico della SESA, inpianto di Este in provincia di Padova – La bioplastica, certificata, biodegradabile e compostabile è stata creata per essere veicolata attraverso l’umido negli impianti come il nostro e per essere trasformata, in questo caso, in ammendante compostatato. Plastiche e bioplastiche sono quindi due materiali completamente diversi, che hanno comportamenti diversi, che hanno due flussi di recupero distinti e separati”.

L’impennata dei prezzi dei fertilizzanti chimici, che hanno superato i 500 euro a tonnellata, ha reso attrattivo come non mai il compost, il cui prezzo si aggira oggi attorno agli 8 euro a tonnellata. Ma affinché il compost sia di alta qualità serve ridurre la quantità di materiali che non possono essere compostati. I gestori degli impianti denunciano soprattutto la presenza di plastica tradizionale, metallo e vetro. Frazioni estranee che devono essere rimosse durante il ciclo di compostaggio e che in alcuni casi raggiungono anche il 12%. “Malgrado una normativa che le vieti, e che imponga l’utilizzo delle bioplastiche – conferma Flaviano Fracaro, responsabile della filiera FORSU di IREN – c’è ancora molta plastica all’interno degli scarti della frazione organica”.

Disco verde, dunque, alle bioplastiche compostabili. Che siano flessibili come i sacchetti per la spesa o rigide come piatti, stoviglie e bicchieri, i gestori degli impianti di trattamento confermano che esse si trasformano in compost al pari del resto dei rifiuti organici. “Le bioplastiche in questo processo si comportano come l’organico. Come una mela, una buccia di arancia: vengono aggredite dalla massa microbica e vengono degradate – spiega Marino Mongelli, direttore tecnico dell’impianto Progeva a Laterza in provincia di Bari – Le bioplastiche rigide a loro volta si comportano, come dire, come il legno quando non vengono degradate in un singolo ciclo. E quindi vengono separate alla fine con il legno di recupero per essere reimmesse in testa al ciclo”.

Veri ostacoli ad una corretta gestione ambientale sono in realtà la zona oscura delle attività fuori legge e il limitato coinvolgimento dei cittadini, che spesso anzi vengono lasciati disorientati da messaggi confusi e fuorvianti. Da un lato è quindi urgente contrastare il commercio illegale di imballaggi di plastiche tradizionali e dall’altro occorre aiutare i cittadini a distinguere chiaramente le bioplastiche compostabili con una etichettatura chiara e riconoscibile.

“Perché poi i cittadini non hanno né molto tempo né molta voglia per capire o studiare se un materiale è compostabile o meno. Sarebbe quindi necessario una etichettatura chiara, una identificazione precisa in modo che il cittadino sappia subito individuare quale è il materiale biodegradabile e quale no”.