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Rimborsopoli, Buccarella: "3mila € al mese non bastavano"

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Si infittisce il caso Rimborsopoli legato al M5S. Maurizio Buccarella ammette: "3mila euro al mese non bastavano per fare il parlamentare".

Si apprendono nuovi sviluppi e dichiarazioni sul caso Rimborsopoli che ha investito negli ultimi giorni il M5S. Il parlamentare uscente Maurizio Buccarella si scuce sulla questione e ammette: “Quello che è accaduto è che, nel tempo, mi sono reso conto che quella regola riguardante i nostri compensi, che pure avevo accettato inizialmente, non si dimostrava adeguata alle esigenze di chi appartiene ad una categoria professionale, come la mia, che, a fronte di costi e responsabilità che permangono nel corso del mandato parlamentare, non consente una sospensione dell’attività per un così lungo periodo senza conseguenze”.

Buccarella, la sua spiegazione

L’avvocato salentino è accusato insieme ad altre 13 persone di aver falsificato i bonifici della restituzione dello stipendio, regola che sta alla base del Movimento 5 Stelle.

Buccarella ha espresso la sua opinione mediante una lunga lettera pubblicata sul Nuovo Quotidiano di Puglia.
L’ex parlamentare grillino ha cominciato la lettera scusandosi con gli attivisti, i colleghi portavoce e candidati del M5s per le azioni da lui commesse. Sottolinea anche che nei 23 milioni di euro accumulati dai parlamentari del M5s sul fondo di garanzia con i tagli di indennità e rimborsi, ci sono anche più di 100mila euro di sua provenienza.

Buccarella non riusciva a gestire la sua vita lavorativa e la sua vita privata con solo 3 mila euro. Infatti continua: “A fronte dell’impegno che ho profuso nell’attività parlamentare ed ai sacrifici che imponevo a me, alla mia famiglia, al mio lavoro per sette giorni alla settimana, i poco più di 3mila euro mensili netti che i parlamentari M5s si sono attribuiti come retribuzione effettiva, non mi avrebbero permesso, alla mia età, di tornare alla mia vita, nel mio studio professionale con una accettabile serenità”. L’avvocato salentino conclude ammettendo le sue colpe e dice di essere pronto ad accettare le determinazioni del Collegio dei Probiviri.

Rimborsopoli e i nomi di Di Maio

Non è passato nemmeno un giorno da quando Luigi Di Maio, candidato premier del Movimento 5 stelle, ha pubblicato sul blog dei grillini i nomi di quei parlamentari che hanno violato un patto interno, con finti bonifici che avrebbe dovuto confermare il versamento di una parte del loro stipendio durante l’ultima legislatura.

Nel post Di Maio ha scritto: “Parto da due considerazioni: la prima è che il MoVimento 5 Stelle ha dimostrato che un parlamentare della Repubblica può vivere dignitosamente dimezzandosi lo stipendio e quindi se andremo al governo imporremo nuove regole per lo stipendio dei parlamentari. La seconda cosa è che abbiamo donato volontariamente al fondo per il microcredito oltre 20 milioni di euro. Io lo voglio dire: sono soldi che nessuna legge ci imponeva di restituire, ma noi del MoVimento ci siamo dati una regola chiara che per noi è sacra: ci tagliamo lo stipendio e doniamo per aiutare piccole e medie imprese”.

Parlando dei parlamentari non in regola con i versamenti relativi ai rimborsi e gli stipendi ottenuti negli ultimi cinque anni, il candidato premier del M5s ha ammesso il comportamento eticamente scorretto di alcuni parlamentari, confermando ancora una volta che, sia lui che tutti gli iscritti del Movimento, non erano a conoscenza di tale situazione, venendo così presi in giro insieme ai cittadini che hanno creduto, fino a poco tempo fa, alla buona fede di questi parlamentari.