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Coronavirus: i bambini potrebbero contribuire alla diffusione del virus

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I pediatri della Simpe lanciano l'allarme: i bambini possono contribuire alla diffusione del virus. Bisogna contenere il problema e risolverlo prima dell'inizio dell'autunno.

Il Coronavirus si diffonde a macchia d’olio e i bambini, a dire dei pediatri, potrebbero trasmettere il virus. Quasi la metà di loro, infatti, potrebbe non manifestare i sintomi ma essere comunque un pericolo per chi gli sta vicino.

Coronavirus: pediatri preoccupati per i bambini

A lanciare l’allarme è la Società Italiana di medici pediatri, che sottolinea come il range di bambini con pochi sintomi o leggeri si aggirerà tra il 42% e il 47%, con un possibile aumento nei mesi autunnali, quando le scuole riapriranno. Questo non è di certo un dato da sottovalutare, visto che saranno proprio i nostri piccoli ad essere portatori del virus.

Commenta infatti la SIMPE: “Senza interventi specifici, saranno dunque i bambini i veri untori da coronavirus, e quindi sarà fondamentale non solo riorganizzare gli spazi comuni e le classi, ma anche fornire ai pediatri del territorio, ai pediatri di famiglia, strumenti e presidi fondamentali nella ricerca di Covid-19 nei nell’infanzia e nell’adolescenza: dall’analisi sierologica, da confermare con il tampone, alla vaccinazione di massa con l’antinfluenzale, che consentirà di individuare subito i casi di Covid-19″.

A dire di Giuseppe Mele, presidente del SIMPE, nella Fase 2 ci sarà una vera e propria rivoluzione dei contagi da Covid-19. “È del tutto evidente che in queste condizioni la riapertura delle scuole favorirà la diffusione del contagio tra i bambini, che a loro volta lo riporteranno a casa, con il rischio reale di un nuovo picco epidemico. Si tratta di capire dunque come intervenire nel merito, come gestire le distanze in classe e negli spazi comuni, decisioni fondamentali da prendere al più presto”.

Inoltre, sottolinea Mele, “si deve aggiungere che in autunno inizia la diffusione delle normali patologie infettive stagionali, compresa l’influenza. Ciò renderà ulteriormente confusa e difficile la valutazione della situazione epidemiologica. Sarà quindi fondamentale fornire da subito tutti quegli strumenti in grado di distinguere da subito i sintomi da Covid-19 leggeri, tipici dei bambini, da quelli influenzali o para-influenzali“.

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La proposta del Simpe

Il presidente è molto chiaro e per niente positivo sul futuro. Per questo chiede: “L’obbligatorietà della vaccinazione antinfluenzale per i bambini da 6 mesi a 14 anni. Lo chiediamo ora, per settembre-ottobre, quando normalmente viene emanata la circolare ministeriale che indica le fasce che dovranno essere interessate dalla vaccinazione. Avere la popolazione pediatrica vaccinata nella sua totalità significherà contribuire a comprendere, nel momento in cui si ripresenterà, chi avrà il virus del Covid-19. Questo significa agire sulla patologia di comunità. Un approccio completamente differente da quello utilizzato finora”. Una richiesta molto ferrea che mira ad organizzare la pediatria su un piano più comunitario e meno singolare.

Conclude quindi Mele “La popolazione pediatrica deve godere degli stessi diritti degli adulti e le stesse opportunità di assistenza, attraverso le Unità di continuità assistenziale dedicate alla pediatria (Uscap). Siamo pronti ad un confronto con i tavoli ministeriale e con le Regioni, e disponibili a fornire il nostro supporto come società scientifica”.