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Il Tar del Lazio “boccia” la chiusura delle scuole in zona rossa

Il Tar del Lazio “boccia” la chiusura delle scuole in zona rossa

Il Tar del Lazio ha stabilito che il Dpcm del 6 marzo è stato troppo "generalista" nel decretare la chiusura di tutte le scuole in zona rossa

Il Tar del Lazio “boccia” la chiusura delle scuole in zona rossa: secondo i giudici amministrativi il provvedimento andava motivato in maniera più precisa. Questo perché una zona rossa indiscriminata è un moltiplicatore di diseguaglianze sociali. E proprio per questo motivo le toghe, presidente Antonino Savo Amodio e estensore Lucia Maria Brancatelli, hanno sollecitato in punto di diritto la Presidenza del Consiglio dei ministri. A far cosa? A rivedere entro il 2 aprile il decreto del 2 marzo scorso. E ad intervenire proprio nella parte in cui viene disciplinata la sospensione automatica della didattica in presenza. Didattica delle scuole di ogni ordine e grado nei territori compresi nelle cosiddette “aree rosse”.

Il Tar “boccia” la chiusura: due ordinanze

Il Tar ha emesso due specifiche ordinanze sul tema e lo ha fatto accogliendo il ricorso presentato da un gruppo di studenti e genitori. Nel testo era enunciata la convinzione per cui “la scuola non dovrebbe essere considerata luogo privilegiato di contagio. Una serie di ricerche evidenziano come l’interruzione della didattica in presenza abbia rappresentato e rappresenti un moltiplicatore“. Un acceleratore dunque “delle diseguaglianze discendenti da ostacoli di ordine sociale ed economico”. Nel merito il Dpcm impugnato richiama i famosi verbali del Cts. Verbali che però sarebbero chiari: “Non emergono indicazioni specifiche ostative alla riapertura delle scuole. Non sembra avere valutato la possibilità, nelle zone rosse, di disporre la sospensione delle attività didattiche solo per aree territoriali circoscritte“. Questo “in ragione del possibile andamento diversificato dell’epidemia nella regione”.

Dati tecnici solo “interpretati”

Un’altra contestazione riguarda analisi e criteri di interpretazione dei dati forniti dall’Istituto superiore di sanità e dalla Fondazione Bruno Kessler. In buona sostanza il Dpcm fa previsioni che non sufficientemente motivate in sede tecnica. Né sulla scorta di quelle attua una precisa linea normativa, il che non va bene. Perciò “si apprezzano profili di fondatezza dei motivi aggiunti depositati da parte ricorrente”. E il docente di diritto amministrativo Fabio Cintioli ha detto la sua sulla vicenda all’Agi: “Provvedimento importante e legittimo. Il giudice amministrativo non ha il potere di sostituirsi all’amministrazione nelle scelte di merito. Tuttavia ha il potere di sindacare eventuali difetti di istruttoria, incompletezza, o incongruenza nella motivazione delle scelte. In questo caso, il giudice ha ritenuto che non ci fosse sufficiente motivazione. Motivazione per spiegare perché si sia imposta la didattica a distanza in maniera così estesa su tutto il territorio”.

Il parere dell’esperto

E ancora: “L’istruttoria insufficiente pone problemi di violazione di legge. Lo Stato di diritto presuppone che gli atti siano sempre sottoposti al controllo di legittimità. Con questo provvedimento il Tar del Lazio dà un input all’amministrazione affinché rivaluti, rimotivi gli eventuali difetti di istruttoria. La parola finale spetta sempre all’amministrazione ma il giudice la indirizza”. La toga amministrativa avrebbe dunque rispettato il bilanciamento di poteri e diritti inalienabili che la Costituzione prevede: da un lato quello alla salute, dall’altro quello all’istruzione.