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Terremoto, ricostruzione e caos: ancora in strada quasi tutte le macerie

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Dieci mesi dopo il terremoto del centro Italia quasi nulla è stato fatto: le macerie sono ancora quasi tutte a terra e le casette consegnate sono pochissime

Avevano promesso tutti: le istituzioni, il governo Renzi, il governo Gentiloni, i governatori regionali. Tutti avevano fatto credere che “presto” le zone colpite da terremoto sarebbero tornate a una vita accettabile. “Presto” sarebbe tutto finito. Dieci mesi dopo, invece, non è nemmeno cominciato. Le macerie sono ancora quasi tutte a terra, di casette ne sono arrivate pochissime, mentre la ricostruzione vera e propria rimane un miraggio.

Vigeva prima “il modello Bertolaso”, che con rapidità calpestava regole e aggirava i controlli. Ora invece siamo tornati al “modello burocrazia”, con cavilli, carte bollate, verifiche e indecisioni. Sulle casette antisismiche, in particolare, le promesse si sono rese vane fin da subito. Entro Natale sarebbero dovute arrivare le prime venti ad Amatrice, secondo quanto dichiarato dall’allora premier Renzi. Le famiglie amatriciane le hanno viste solo a marzo. Finora ne sono state ordinate 3620 in 51 comuni. Ma a essere consegnate sono state soltanto l’8 per cento. Mentre quelle effettivamente abitate sono soltanto in due comuni, Amatrice e Norcia.

Terremoto: norme che si modificano tre volte al mese

Protezione Civile e governatori di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo si muovono tutti nella cornice del decreto legge 189 del governo Renzi, già modificato tre volte. Si devono districare tra le quasi trenta ordinanze firmate dal commissario straordinario alla ricostruzione Vasco Errani. Dici di queste sono intervenute a cambiare le precedenti. Così è successo nel caso delle casette di legno, quando si sono resi conto che l’iter era troppo lungo. “Con le norme che mutano due o tre volte al mese la ricostruzione non si farà mai”, si lamenta Marco Rinaldi, ingegnere ed ex sindaco di Ussita. “A Roma devono capire che qui c’è stata la seconda guerra mondiale”.

Nelle province di Macerata, Fermo e Ascoli, le più colpite dalla scossa del 30 ottobre, si va avanti a passo di lumaca. Sono occorsi cinque mesi e sette autorizzazioni perché la Conferenza dei servizi arrivasse a concedere l’autorizzazione alla ditta Htr per portare le macerie nel sito di stoccaggio di Arquata. Htr aveva vinto l’appalto a novembre, i camion si sono però movimentati ad aprile. Accanto a questa impresa, lavorano anche due aziende pubbliche che si occupano di rifiuti. È stata una precisa scelta del governo, che ha equiparato le macerie a “rifiuti urbani non pericolosi”, dandole in mano a operatori che normalmente si occupano della spazzatura. Al momento nelle Marche si va a un ritmo di 1200 tonnellate al giorno: potrebbero servire quindi non meno di due anni e mezzo. “A regime raggiungeremo le 2000 tonnellate”, promettono dalla Regione. “Il nostro territorio è a forte rischio idrogeologico, per questo si è faticato a individuare aree idonee dove mettere casette e macerie”.

Terremoto: da ricostruire è anche la fiducia nelle istituzioni

Nel cosiddetto “cratere”, è evidente, c’è bisogno di ricostruire anche la fiducia nelle istituzioni. Puntellare case e palazzi non sarà sufficiente. Errani ci sta provando, con un insieme di norme all’avanguardia per ricostruzione. Oggi la realtà è data dalla durezza dei dati: il 92 per cento delle macerie si trova ancora a terra. Mentre il 92 per cento delle casette di legno non sono ancora state consegnate. A Roma ribadiscono che la crisi del governo Renzi di dicembre e i rapporti tra Errani e Pd non hanno influenzato la gestione dell’emergenza. Ma si sente la mancanza di un’autorità che ribadisca con coraggio le responsabilità straordinarie.